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Putin, Moldavia e Transnistria

Tra le repubbliche filorusse più o meno indipendenti troviamo anche la Transnistria, una striscia di territorio incuneata tra Moldavia e Ucraina. Nonostante le ridotte dimensioni (circa 3500 km quadrati e mezzo milione di abitanti), questa piccola repubblica riveste un ruolo strategico notevole. Soprattutto dopo l’invasione dell’Ucraina, poiché guardando la carta geografica si nota che dal suo territorio sarebbe facile far affluire truppe nel vicino Paese invaso, e altrettanto facile raggiungere città ucraine come Mariupol e Odessa.

Quello della Transnistria è un esempio significativo. Ai tempi dell’Unione Sovietica faceva parte della Moldavia, una delle repubbliche della ex Urss. Quando quest’ultima crollò, la Transnistria proclamò in modo unilaterale la propria indipendenza nel 1990. Seguirono due anni di guerra con la Moldavia, che alla fine si rassegnò al fatto compiuto a seguito delle pressioni di Mosca.

La Federazione Russa fece da garante dell’indipendenza de facto, pur se nessun altro Stato in ambito Onu la riconobbe. La popolazione è russofona, e anche piazze ed edifici hanno conservato uno stile sovietico.  Per un certo periodo l’attenzione per la Transnistria diminuì a causa delle difficoltà incontrate dalle truppe russe nell’invasione dell’Ucraina, che rendevano più lontana la possibilità di una mini-invasione che partisse dal suo territorio. Nel suo ultimo discorso, tuttavia, Putin ha detto esplicitamente che al Russia sta combattendo per difendere i suoi “confini storici”, col che la suddetta mini-invasione tornerebbe d’attualità.

La Transnistria costituisce un esempio del successo della politica migratoria praticata dai sovietici, soprattutto ai tempi di Stalin. I cittadini russi venivano incoraggiati a stabilirsi in altre repubbliche dell’Urss con incentivi economici, e questo spiega la presenza di vaste comunità russofone in altri territori, per esempio la Lettonia.

Il punto importante è però un altro. Che intende dire realmente Putin quando menziona la “difesa dei nostri confini storici”? Sembra ovvio a chi scrive che il leader del Cremlino in questo caso parli non tanto da presidente della Federazione Russa, ma come capo di una ricostituita Unione Sovietica (per quanto non identica a quella reale e crollata). Adottando questa lettura, si capisce pure perché lo zar pensi di avere il diritto di annullare il vecchio decreto che riconosceva la sovranità della Moldavia sulla Transinstria.

Occorre tuttavia notare che Putin avrà enormi problemi se vorrà davvero dar vita a un rinnovato “spazio sovietico”. Gli ucraini, com’è noto, non ne vogliono sapere, e netto è anche il rifiuto dei moldavi. Per non menzionare le repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale (esempio emblematico è il Kazakistan). Tutte si stanno rendendo sempre più autonome da Mosca e cercano a questo fine alleanze alternative.

Putin forse non si rende conto che è venuto a mancare il collante ideologico, marxista-leninista, della defunta Urss. Né tale collante può essere rimpiazzato dai richiami allo “spirito slavo originario” che, tra l’altro, non convince nemmeno l’intera popolazione russa. Tutto ciò in attesa di vedere come evolverà la guerra, e se davvero l’Ucraina ha qualche possibilità di vittoria.

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Michele Marsonet

Filosofo, Professore di filosofia della scienza e metodologia delle scienze umane, Presidente del dipartimento di filosofia e vicerettore per le relazioni internazionali dell’Università di Genova

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