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Una scelta difficile: cosa sta succedendo ai pini dell’Infernetto

Pini, ecco cosa sta accadendo nella città di Roma: la situazione che sta agitando l’intera cittadinanza

Alberi tagliati
Una scelta difficile: cosa sta succedendo ai pini dell’Infernetto (Ansa Foto) – lecodellitorale

Ti è mai capitato di camminare in una zona alberata della città e accorgerti che qualcosa è cambiato? Magari un suono diverso, più vuoto. Meno ombra, meno profumo di resina. È una sensazione che si fa sempre più concreta all’Infernetto, dove a breve spariranno cinquantatré pini da uno dei viali più verdi del quartiere: via Castel Porziano, nel tratto tra via Orazio Vecchi e via Alessandro Stradella.

A partire dal 19 maggio, le motoseghe entreranno in azione. Il permesso è già stato firmato dal Dipartimento Ambiente, nonostante il periodo primaverile in cui normalmente ogni tipo di abbattimento viene sospeso. Ma questa volta non si tratta di una semplice operazione di manutenzione: i pini in questione sono stati classificati come “essenze arboree essiccate”, e per quanto possa suonare tecnico, significa una cosa sola — sono alberi morti o prossimi alla morte, diventati un rischio per chi passa sotto quelle chiome ormai vuote.

Quando il verde si spegne: una crisi che ha radici profonde

Quello che succede all’Infernetto è solo una piccola parte di un fenomeno molto più grande. A pagare il prezzo più alto, in questi anni, sono stati i Pinus pinea, i maestosi pini romani che hanno dato al paesaggio urbano quel tocco unico, quasi poetico. Ma da qualche anno a questa parte, quel verde familiare si sta spegnendo. Il colpevole? Un minuscolo invasore: la cocciniglia tartaruga.

Alberi tagliati
Quando il verde si spegne: una crisi che ha radici profonde (Ansa Foto) – lecodellitorale

Arrivata a Roma nel 2018, ha trovato terreno fertile lungo la costa, da dove ha cominciato a risalire verso l’entroterra. E l’Infernetto è stato uno dei primi ad accusare il colpo. L’insetto, privo di predatori naturali, si nutre della linfa degli alberi e rilascia una sostanza zuccherina che diventa il substrato perfetto per la formazione di fungaggini nere. Il risultato? Gli aghi dei pini si ricoprono di melata e smettono di fare fotosintesi. Le chiome si seccano, e gli alberi muoiono lentamente, uno alla volta.

A nulla è valso l’arrivo tardivo dei trattamenti endoterapici con abamectina: quando si è deciso di intervenire, intere pinete — come quelle di Castel Porziano e Castel Fusano — erano già compromesse. Ora la scena si ripete, e quel che resta sono alberi che, pur nella loro immobilità, rappresentano un pericolo per chiunque passi sotto di loro.

Solo un taglio o una ferita più profonda?

Nel Municipio X si parla sempre più spesso di calamità naturale. Perché non si tratta di un evento isolato, ma di un lento declino che coinvolge decine di migliaia di alberi in tutta Roma. Alcuni consiglieri municipali e comunali stanno spingendo per un riconoscimento ufficiale dello stato di emergenza, che permetterebbe di sbloccare fondi e interventi straordinari. Ma intanto, il paesaggio cambia. E con esso, cambia anche la percezione del nostro rapporto con il verde urbano.

Non si tratta solo di piante da abbattere: sono frammenti di memoria collettiva, angoli d’ombra sotto cui qualcuno ha camminato, corso, vissuto. E allora viene da chiedersi: che cosa resta di una città, quando cominciano a sparire i suoi silenzi verdi? Forse è il momento di pensare al verde urbano non solo come ornamento, ma come patrimonio da difendere con più tempestività e attenzione.

Per saperne di più sulla diffusione della cocciniglia tartaruga a Roma o sul servizio di segnalazione alberi a rischio, visita i portali ufficiali.

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