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Tensione tra Vaticano e Cina

Tensione tra Vaticano e Cina. Come molti avevano previsto, l’accordo tra Santa Sede e Cina, firmato nel 2018 e poi rinnovato un mese fa, è già saltato. Esso riguarda la nomina dei vescovi cattolici nella Repubblica Popolare. Il Vaticano aveva trattato, per così dire, “a fari spenti”, cercando di evitare le critiche provenienti da più settori della Chiesa, che accusano Papa Francesco di eccessiva arrendevolezza verso il regime di Pechino.

Quest’ultimo, però, procede senza remore per la sua strada, incurante dei patti sottoscritti in precedenza. Così il 24 novembre, a Nanchang nella provincia di Jangxi, le autorità cinesi hanno provveduto a nominare Mons. Giovanni Peng Wei-zhao quale vescovo ausiliare di Janngxi. Il problema è che si tratta di una diocesi non riconosciuta da Roma e, secondo l’accordo summenzionato, la nomina è illegale.

Di qui le accuse vaticane di aver tradito “lo spirito del dialogo”, nonché la lettera dell’accordo ufficiale. A differenza di molti casi precedenti, questa volta la reazione della Santa Sede è stata immediata e molto dura. Papa Francesco e il suo Segretario di Stato Pietro Parolin avevano voluto l’accordo a tutti i costi, ignorando le critiche provenienti dalla Curia.

Il ragionamento è il seguente. Meglio stipulare un accordo imperfetto, che consenta comunque a Roma di avere almeno una certa influenza sulla nomina dei vescovi, piuttosto che troncare i contatti lasciando i fedeli cinesi in balia del regime.

Pechino, tuttavia, non è mai stata tenera con le varie confessioni religiose presenti sul suo territorio. Tralasciando il celebre caso degli uiguri musulmani del Xinjiang, pesantemente perseguitati, non se la cavano bene nemmeno le numerose confessioni cristiane protestanti attive nella Repubblica Popolare.

Il Partito/Stato cinese, infatti, non tollera alcuna concorrenza “spirituale” che possa mettere in pericolo il suo predominio ideologico. Per dirla in altri termini, il Partito vuole conquistare anche il cuore e l’anima dei cittadini, e per questo adotta un approccio antireligioso a tutto tondo.

Cerca pertanto di favorire la crescita di Chiese sottoposte al controllo del regime e del tutto indipendenti dai loro referenti extra-cinesi. Naturalmente la Santa Sede è sempre stata cosciente di tale situazione, ma la sua ala dialogante ha ritenuto che, pur di mantenere una sia pur piccola influenza in loco, valesse la pena di correre il rischio.

E’ un dato di fatto, comunque, che Pechino ha reagito con fastidio alle proteste vaticane, così dimostrando di non attribuire eccessiva importanza all’accordo firmato non molto tempo fa. Come del resto previsto dai molti ambienti vaticani ad esso contrari, e che ora parlano chiaramente di “tradimento” da parte cinese.

Si rammenti, infine, che è ancora aperto il caso del cardinale Joseph Zen Ze-kiung, vescovo emerito di Hong Kong. L’alto prelato, che ha 91 anni, è stato arrestato e condannato per aver appoggiato il movimento democratico nella ex colonia britannica. Il cardinale Zen non ha mai approvato gli accordo stipulati dal Vaticano con Pechino, affermando a chiare lettere che il regime li avrebbe traditi.

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Michele Marsonet

Filosofo, Professore di filosofia della scienza e metodologia delle scienze umane, Presidente del dipartimento di filosofia e vicerettore per le relazioni internazionali dell’Università di Genova

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