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Papa Francesco in Africa

Papa Francesco, dimostrando come sempre un grande coraggio, ha deciso di visitare due tra i Paesi più problematici del continente africano, la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan.

Tenendo conto che il Papa ha 86 anni, questo viaggio assume dimensioni quasi epiche. L’età e la sua salute gli consiglierebbero di fermarsi in Vaticano, limitando la sua attività ai discorsi e alle omelie.

Una simile scelta, tuttavia, non sarebbe in linea con lo stile del suo pontificato, centrato sull’ecumenismo, sulla diffusione del messaggio cristiano e, soprattutto, sulla ricerca della pace. Compito di difficile realizzazione, visti i venti di guerra che spirano impetuosi in ogni parte del mondo.

Nella Repubblica Democratica del Congo (ex Congo belga, e poi Zaire), la messa che ha celebrato nella capitale Kinshasa ha visto l’affluenza di un milione di persone. Numero impressionante, ma nemmeno tanto, se si tiene conto che la maggioranza della popolazione è cristiana.

I cattolici sono il 53%, i protestanti – divisi in varie sette – oltre il 35%, mentre è ancora forte la presenza delle religioni autoctone di natura animistica. A differenza di altri Paesi africani, i musulmani rappresentano una piccola minoranza (circa il 2%).

La forte maggioranza cristiana rende l’ex Congo belga tradizionale terra di missione. Infatti i missionari cattolici e protestanti sono molto radicati nel territorio. Francesco, com’è sua abitudine, non si rivolge solo ai cattolici ma a tutti, credenti e non credenti, sforzandosi di trasmettere il suo messaggio di pace. Qui il problema non è posto dalla guerriglia jihadista vista la scarsa presenza dei musulmani, ma dai sanguinosi conflitti tribali che vedono coinvolte le numerosissime etnie del Paese. C’è insomma uno stato di guerra civile permanente che coinvolge tutte le regioni.

Di conseguenza il governo centrale non riesce a controllare la situazione, e i massacri si susseguono senza sosta. Il Papa ha anche ricordato l’assassinio dell’ambasciatore italiano Attanasio. Come sempre fa, Jorge Bergoglio ha puntato l’indice contro il colonialismo. Occorre però chiedersi se il colonialismo sia davvero l’unico colpevole.

E’ un dato di fatto che, tranne rare eccezioni come Nelson Mandela, gli eroi della liberazione in quasi tutti gli Stati africani si sono poi trasformati in crudeli tiranni, impedendo ogni sviluppo democratico nei loro Paesi. Per questi motivi uno Stato ricchissimo di materie prime come il Congo è ai primi posti nelle classifiche mondiali della povertà.

Il Papa altro non può fare che insistere con il suo messaggio di pace, sperando che esso prima o poi tocchi i cuori dei governanti e dei “signori della guerra” che imperversano con le loro bande armate. Nel Sud Sudan troverà una situazione altrettanto drammatica ma è prevedibile che, come sempre, non si farà scoraggiare.

 

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Michele Marsonet

Filosofo, Professore di filosofia della scienza e metodologia delle scienze umane, Presidente del dipartimento di filosofia e vicerettore per le relazioni internazionali dell’Università di Genova

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