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Il vertice tra Xi Jinping e Putin a Samarcanda

A Samarcanda, capitale dell’Uzbekistan famosa per le sue moschee e i suoi mausolei, si sono incontrati Xi Jinping e Vladimir Putin. Entrambi gli autocrati hanno parecchi guai.

Il leader cinese, che otterrà il terzo mandato dal XX congresso del Partito comunista che si terrà a Pechino in ottobre, deve fronteggiare un’inedita crisi economica e il forte rallentamento del Pil, dovuto ai frequenti lockdown totali che continuano a isolare intere metropoli.

Dal canto suo Putin deve invece affrontare il problema ucraino. Finora la sua “operazione militare speciale” si è rivelata un disastro. Gli ucraini non solo resistono all’invasione, grazie soprattutto agli aiuti militari occidentali (e americani in particolare). Sono addirittura passati alla controffensiva riconquistando molte città occupate dall’esercito di Mosca, spingendosi sino al confine con la Federazione Russa.

Nessuno si attendeva un esito simile, giacché tutti prevedevano che i russi avrebbero occupato l’Ucraina in breve tempo, ristabilendo così quello “spazio russo” (che include anche la Bielorussia) cui lo zar moscovita tiene moltissimo. Invece il suo esercito, non abbastanza equipaggiato e, soprattutto, demotivato, ha subito una pesante serie di sconfitte.

Neppure il Donbass, occupato parzialmente, è più al sicuro. E i “falchi” del Cremlino accusano lo zar di debolezza, spronandolo ad adottare una posizione più decisa. Anche se non si capisce cosa ciò significhi: forse l’uso delle armi nucleari, correndo il rischio di distruggere la stessa Russia.

In ogni caso i due leader si sono presentati all’incontro in una posizione ben diversa. Xi è riuscito, nonostante il nulla di fatto a proposito di Taiwan, a porre la Repubblica Popolare al centro della scena internazionale. Tutti lo corteggiano, e non solo i russi.

Diversa la posizione di Putin. L’invasione dell’Ucraina ha dimostrato un’inattesa debolezza delle sue forze armate, e il suo unico punto di forza è proprio l’enorme arsenale nucleare di cui dispone. E che però risulta, per i motivi dianzi citati, non utilizzabile. Inoltre le sanzioni occidentali stanno avendo un forte impatto sull’economia russa.

In realtà appare sempre più evidente che a Xi l’alleanza con la Federazione Russa serve per promuovere quel nuovo ordine mondiale, non più a guida americana, che entrambi i dittatori vagheggiano da tempo. Un nuovo ordine da realizzare promuovendo il gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), a attraendo nello schieramento anti-occidentale anche il premier indiano Narendra Modi.

Si avverano così le previsioni di coloro che, in caso di insuccesso in Ucraina, sostenevano che la Federazione Russa rischia di essere “cannibalizzata” e di diventare un satellite della Repubblica Popolare. Pertanto le possibilità di manovra di Putin sono assai minori di quelle di Xi.

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Michele Marsonet

Filosofo, Professore di filosofia della scienza e metodologia delle scienze umane, Presidente del dipartimento di filosofia e vicerettore per le relazioni internazionali dell’Università di Genova

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