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Guardia di Finanza, sequestrati beni per 3,5 milioni di beni a nota famiglia di imprenditori veneti per fallimento pilotato

Decreto di sequestro di beni, sia mobili che immobili, di 3,5 milioni di euro nei confronti di una famiglia veneziana impegnata nel trasporto via mare di passeggeri.

La Guardia di Finanza del Comando provinciale di Roma ha dato esecuzione a un decreto di sequestro di beni, sia mobili che immobili, di 3,5 milioni di euro nei confronti di una famiglia veneziana impegnata nel trasporto via mare di passeggeri. Tra i beni sequestrati, infatti, risultano: sette navi per il trasporto passeggeri e una Mercedes CLS 350.

Il provvedimento porta la firma del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Tivoli, su richiesta della Procura della Repubblica che ha coordinato le indagini del 3° nucleo operativo metropolitano delle Fiamme Gialle di Roma. Attività investigative scaturite dalla dichiarazione di fallimento di una società di navigazione marittima che opera nella laguna veneta.

Gli accertamenti dei finanzieri sono stati volti anche attraverso l’analisi dei flussi finanziari transitati sui conti correnti riconducibili alla società, e hanno fatto piena luce sulla complessa vicenda societaria, appurando che i 4 indagati, dopo aver accumulato un ingente debito nei confronti dei dipendenti, dell’Erario e dell’Inps, omettendo il pagamento degli stipendi e il versamento di imposte e ritenute, abbiano progressivamente svuotato il patrimonio della società, alienando il naviglio utilizzato per l’attività di trasporto e nuovi soggetti giuridici, al fine di rendere vale le azioni giudiziarie dei creditori, rimasti senza garanzia patrimoniale.

Le indagini che la Finanza sta tutt’ora svolgendo fanno ipotizzare il reato di bancarotta fraudolenta e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. L’operazione svolta dalla Procura della Repubblica di Tivoli e dalla Guardia di Finanza di Roma è finalizzata a tutelare la collettività dai danni provocati al sistema economico da condotte perpetrate operando in modo spregiudicato, falsando così la leale concorrenza, nonché creando nocumento alla sana economia di mercato, su cui si fonda l’economia dello Stato.

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