Forse era inevitabile, ma desta comunque impressione. Anche la più celebre scrittrice di gialli del secolo scorso, la britannica Agatha Christie, finisce sotto la mannaia del politically correct. I suoi libri hanno venduto più di cento di milioni di copie ovunque nel mondo, ma tale successo non l’ha salvata dai censori contemporanei.
Nel mirino dei “troll” che continuano a imperversare nel mondo editoriale e letterario dei Paesi anglosassoni sono finiti i due personaggi che la resero famosa in ogni continente: Miss Marple e il celebre detective Hercule Poirot, protagonisti anche di tanti film e serie televisive.
Quale la loro colpa? Ovviamente quella di usare il linguaggio dei loro tempi, giudicato per l’appunto censurabile dai sacerdoti della correttezza politica odierna.
Cancellati tutti i riferimenti all’aspetto fisico e al colore della pelle di personaggi non europei, e cancellati parimenti tutti i termini che fanno in qualche modo riferimento alla “negritudine”.
Tuttavia la grande casa editrice Harper Collins non si è limitata alle cancellazioni. In molti casi ha infatti chiesto ai propri redattori di riscrivere integralmente interi pezzi dei libri della Christie.
In altre parole siete fortunati se avete nelle librerie di casa vostra i volumi pubblicati in precedenza, poiché solo così siete sicuri di leggere le opere originali.
Se invece acquistate una copia “mondata” dai censori, vi ritroverete in mano un’opera letteralmente “manomessa”. Nel senso che risulterà di Agatha Christie solo in parte, giacché brani interi non sono più della famosa scrittrice, bensì di anonimi redattori obbedienti ai criteri del politically correct.
Difficile capire come redattori e case editrici si permettano di alterare impunemente testi ormai diventati classici, con la scusa – piuttosto puerile – che il linguaggio usato non è adatto ai nostri tempi.
Il fatto è che ogni epoca usa un linguaggio suo proprio, il quale dev’essere storicizzato, e non cancellato. Negli USA e nel Regno Unito questa tendenza sembra inarrestabile. C’è solo da sperare che, da noi, a qualcuno non venga in mente di “purificare” il linguaggio di Manzoni o di D’Annunzio.