Nobel per l’economia a Ben Bernanke. Chi osa, in questi tempi di crisi profonda, parlare della necessità di ripensare i rapporti tra economia, etica e filosofia corre il rischio di passare per visionario. Che c’entra, dopo tutto, l’economia con discipline puramente speculative come la filosofia e l’etica?
Il tema fu trattato alcuni anni orsono da Ben Bernanke, quattordicesimo presidente della Federal Reserve USA dal 2006 al 2014, e fresco vincitore – con altri due studiosi – del Premio Nobel per l’economia. Si parla dunque di un banchiere centrale come Mario Draghi e Christine Lagarde.
Bernanke pubblicò un articolo intitolato “More Philosophy, Please”. La lettura è da molti punti di vista istruttiva. Nel notare che l’economia viene spesso definita come lo studio del modo in cui si possono allocare le risorse, l’autore rilevava che una tale definizione si riferisce al “come” ma non tocca la questione del “perché”. La Fed ha il compito di mantenere bassa la disoccupazione e stabili i prezzi. Si tratta di indici e di numeri: se il presidente riesce a conseguire questi obiettivi ha in effetti svolto il suo lavoro.
Sembra tutto così semplice, ma non lo è. Se si fuoriesce dal discorso puramente economico, occorre anche chiedersi le ragioni che impongono di mantenere basso il livello di disoccupazione e stabili i prezzi. I numeri – soprattutto in questo caso – hanno un valore per gli esseri umani. Significano soddisfazione, capacità di vivere con mezzi adeguati e toccano persino il problema della felicità. Una parola che inquieta gli economisti poiché il suo contenuto non può essere analizzato mediante modelli e “misurato”.
Il fatto è che Bernanke non parlava da scienziato, ma da filosofo. Compito dell’economia è ovviamente comprendere e promuovere il benessere. Tuttavia le misurazioni risultano inadeguate per “capire” cos’è il benessere, e le statistiche possono talvolta nascondere informazioni importanti. La gente è infelice e gli economisti non ne comprendono con esattezza le ragioni. Certo, è arduo “misurare” la felicità, ma l’ex presidente della Federal Reserve pensava che varrebbe comunque la pena di provarci. Insomma, un invito agli economisti a non limitarsi all’uso di modelli e a porsi domande relative ai problemi di cui sopra.
Poco dopo una constatazione che può apparire strana soltanto a coloro che non conoscono la storia del pensiero, sia filosofico che economico. Adam Smith, John Stuart Mill e John Maynard Keynes erano tanto filosofi quanto economisti. Questi studiosi erano tutti interessati alla vita intellettuale del loro tempo. Ancor oggi, in molti atenei britannici e americani, l’economia è considerata una “moral science”, che dovrebbe avere quale principale obiettivo il miglioramento del benessere sociale.
In seguito, parlando alla University of South Carolina, lo stesso Bernanke – che doveva pronunciare un’allocuzione di carattere economico – parlò invece di felicità. Il motivo? Il perseguimento della felicità è menzionato in modo esplicito nella Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America, ed è quindi un tema che nessuno – e tanto meno l’economista – può permettersi di sottovalutare.
Naturalmente il Nobel non gli è stato attribuito per le considerazioni dianzi accennate. E tuttavia ho l’impressione che il suo discorso vada preso molto sul serio. Rammentando che lo stesso Adam Smith si considerava innanzitutto un filosofo morale, il ragionamento di Bernanke può aiutarci a comprendere che l’economia non è un regno indipendente, del tutto scisso dalle aspettative umane.
Seguiteci sulla nostra pagina Facebook e su Ecopalletsnet