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Inutili i viaggi a Kiev dei politici UE

Inutili i viaggi a Kiev dei politici UE. Per la maggior parte degli osservatori europei il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è un eroe duro e puro che sta cercando con ogni mezzo di salvare il suo Paese invaso dai russi. Mi permetto di dissentire e concordo, invece, con Vittorio Feltri quando scrive che l’’unica strada per salvare l’Ucraina è rinunciare a parti di territorio e avviare una trattativa seria con Putin.

Zelensky, lo sappiamo, è un attore comico di professione cui gli elettori hanno conferito l’incarico della presidenza. E’ quindi uomo di spettacolo. Gli piacciono le copertine, le foto, e vuole essere sempre al centro dell’attenzione. Il suo esercito ha indubbiamente ottenuto vittorie significative contro le truppe di occupazione, e questo lo spinge a proseguire la guerra sino a una – improbabile – vittoria finale sulla Federazione Russa.

Il fatto è che presiede un Paese terribilmente devastato, che peraltro i russi continuano a martoriare con cannoneggiamenti e lanci di missili, spesso diretti contro obiettivi civili. La devastazione estrema del territorio ucraino è evidente guardando fotografie e filmati che la TV proietta in continuazione.

Dall’altra parte abbiamo un dittatore che, rinchiuso al Cremlino con il suo gruppo dirigente, ha già detto più volte di non essere affatto disposto a perdere questa guerra. Lo ha fatto capire in mille modi e, ultimamente, ha aggiunto che se la situazione non si sblocca, ricorrerà alle armi nucleari tattiche per ottenere quella vittoria che le sue forze convenzionali non sono state in grado di offrirgli.

Attenzione però. Angela Merkel, che lo conosce bene, ha affermato che Putin non bluffa mai e, se dice che ricorrerà all’opzione atomica, prima o poi lo farà realmente. Evidentemente Zelensky non prende sul serio la minaccia, imbaldanzito com’è dai recenti successi militari. Ma questo ci deve interessare poco, poiché l’intera Europa sarebbe inghiottita dal baratro nucleare.

Occorrerebbe quindi che i politici della UE smettessero di recarsi in pellegrinaggio a Kiev, poiché quei viaggi non servono. Dovrebbero piuttosto costringere il leader ucraino a sedersi al tavolo delle trattative. Dal nostro punto di vista è meglio rinunciare al Donbass piuttosto che sperimentare sulla nostra pelle le conseguenze delle radiazioni atomiche.

L’ostacolo maggiore è rappresentato dagli USA, che spingono Zelensky a continuare sino in fondo, inviandogli armi sempre più sofisticate. Ma gli americani sono lontani mentre, per noi, l’Ucraina è sull’uscio di casa. E abbiamo tutto da perdere se le armi nucleari verranno usate. Costringerlo a trattare non è facile, ma bisognerebbe almeno provarci interrompendo i pellegrinaggi a Kiev che lasciano il tempo che trovano.

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Michele Marsonet

Filosofo, Professore di filosofia della scienza e metodologia delle scienze umane, Presidente del dipartimento di filosofia e vicerettore per le relazioni internazionali dell’Università di Genova

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