Mi dispiace, ma non posso evitare un conato, un insulto gastrico non virtuale, ma reale, alla notizia che il Tribunale del Riesame ha radicalmente modificato l’ipotesi d’accusa a carico dei soggetti presunti colpevoli della uccisione di Desirée Mariottini, di un delitto sulla cui efferatezza sembrava ci fosse ben poco da discutere. In buona sostanza, la posizione dei presunti carnefici si è alleggerita al punto di dare l’impressione che siano stati loro malgrado forse protagonisti a vario titolo di un gioco finito male e senza condivisione, perché la definizione “abuso” ha sostituto la parola “stupro” e soltanto ognun per se avrebbero approfittato della piccola Desirée , caduta per caso – come la farfallina della filastrocca di Luigi Sailer – tra le mani degli impietosi aguzzini. Questa storia ricorda quella orribile, tremenda di Pamela Mastropietro, anche lei finita in trappola e fatta a pezzi nove mesi fa in quel di Macerata, anche lei carpita dalle mani di orchi, prima certi, poi probabili, poi… Sul poi, non posso evitare di ricordare il caso esemplare della povera Meredith Kercher, anche lei seviziata ed uccisa in una casa di studenti a Perugia undici anni fa. Dunque, ieri, penso si sia persa ancora una occasione per mandare un segnale di fermezza alla collettività, tanto più importante in un momento in cui alcune basilari certezze nei confronti dei rappresentanti dell’ordine vengono minate da episodi gravi, ma enfatizzati oltre ogni ragionevolezza. La mia cattiva impressione è che tendenzialmente si stia omologando come fattore ambientale la criminalità micro , subdola e socialmente pericolosa quanto e più della macro, quella “micro” che si mimetizza tra le crepe di marginalità trasudanti malesseri e inquietudini, ruminando le anime perse alla stregua del pattume e dei graffiti, che si aggrumano sulle piaghe putrescenti, che deturpano le nostre città, come conseguenza orribile della filosofia omissiva, della tolleranza spesso totale, della convivenza plateale con il degrado e l’illegalità, giorno dopo giorno sino alle escalation, sino all’irreparabile. Così la tragedia di San Lorenzo tende già a sfumare, a confondersi tra le nebbie bollate e i faldoni polverosi di una giustizia complicata da troppi pesi e contrappesi, sfumature e diverticoli, abbreviazioni di rito e bonus, che la rendono materia particolare come le terre rare, su cui soltanto magistrati ed avvocati possono esercitare la scienza, lasciando ai poveri mortali il dubbio, frutto dell’ignoranza, ma anche del buon senso.
Ruggero Alcanterini
Direttore responsabile de L’Eco del Litorale