Da questa sera, si rinnoverà un evento indice del nostro divenire e del cambiamento degli umani, anche se altri segnali ne denotano i peggiori istinti. Le Paralimpiadi, contrariamente ai Giochi Olimpici, sono una occasione per rinnovare la speranza ed avvicinare l’esaltazione della perfezione umana a quella del dolore trasformato in motivazione di riscatto. Dal 1960, giusto a Roma, in quindici edizioni le cose sono cambiate di molto e con i pregi e le virtù di chi soffre si accompagnano anche i peccati dei normodotati, a cominciare dal doping per arrivare al protagonismo, agli eccessi da fiera delle vanità. Ma una cosa comunque va detta, ovvero che tutto non si può avere dalla vita, soprattutto se amara e ingrata, ma dalla sperimentazione delle tecniche e dei materiali, dalla dimostrazione che nulla è impossibile. Anche per i meno fortunati, possono derivare importanti suggerimenti e soluzioni per i diversamente abili momentanei o permanenti, che non si impegnano su piste e pedane, ma che sono in casa o nelle strutture di recupero. Un esempio lo abbiamo a Roma, nell’Istituto S. Lucia, sull’Ardeatina, dove convivono lo sport e le terapie avanzate. Tutto questo per sottolineare che da questa sera, con la Cerimonia d’Apertura al Maracanà (uno show di 3 ore con duemila performer brasiliani reduci da 6 mesi di prove) sino al prossimo 18 di settembre tornano i riflettori su Rio de Janeiro, con i primi Giochi Paralimpici del Sudamerica. Vi partecipano 4.300 atleti di 176 paesi (esclusa la Russia per la controversa storia del doping) in 23 discipline sportive, con le novità della canoa e del triathlon, negli stessi impianti che già hanno ospitato i Giochi Olimpici. Gli italiani in gara sono 101. Le aspettative azzurre sono per Alex Zanardi (handbike Beatrice Maria Vio (fioretto) Francesca Porcellato (ciclismo) Ferdinado Acerbi (equitazione) Martina Caironi e Giusy Versace (atletica – 100,200 e 400) Assunta Legnante (atletica – peso e disco) Federico Morlacchi (nuoto)…
Ruggero Alcanterini