Sembra che la buona stella non riesca più da sola a tutelare il Bel Paese, che deve proprio al suo straordinario panorama di diversità, di fragilità, di meraviglie di cristallo poggiate su rocce ballerine, di candidi profumati gigli galleggianti sui capricci delle acque, la sua magia accattivante, irresistibile, ma anche perversa. Milioni di umani hanno per millenni sfidato più o meno consapevolmente il rischio, attratti da montagne e vulcani, da foreste ed orridi , oppure da laghi e fiumi, dal mare. Ogni fenomeno naturale veniva un tempo, per rispetto, divinizzato e quando se ne scatenava l’aspetto peggiore, quella collera terribile veniva giustificata, accettata senza se e senza ma. In effetti, noi siamo l’artificio, costituiamo l’eccezione, la forzatura per un eccesso narcisistico, fino all’epilogo che può essere tragico, come nel caso di ieri sul massiccio del Gran Sasso. Ogni polemica sulla gestione dell’emergenza, come per altre catastrofi, rischia di non essere obiettiva, se non si parte dal presupposto che la prevenzione, il rispetto e magari l’adeguamento delle regole dovrebbero evitare o ridurre queste problematiche. Dico spesso che bisogna avere il coraggio di governare, di fare delle scelte e di farle rispettare, nella presunzione di far bene, pronti anche a pagare il prezzo degli errori. La peggior cosa è indugiare, non prendere decisioni, trincerarsi dietro la burocrazia: tutte cose fuori dell’ordine naturale delle cose, a cominciare da terremoti, valanghe e slavine.
Ruggero Alcanterini