Francamente, inizialmente sono rimasto incredulo, poi ho sperato in un miracolo, alla fine ho provato una profonda delusione nell’apprendere che il piccolo mostro di tecnologia “Schiaparelli” si era “ impaperato” a pochi attimi dal traguardo, ovvero il suolo marziano. Voi mi direte: ma non sarebbe stato il primo ad “ammartare” e tutto sommato tra quattro anni ci sarà una nuova occasione… Appunto, la storia si ripropone con sospetta cadenza quadriennale e questo evento mancato avrebbe dovuto e comunque potuto ricordare ai più il primato italico sugli studi del Pianeta Marte, di cui fu autore proprio Giovanni Virginio Schiaparelli, ingegnere cuneese vocato all’astronomia, volato tra gli iperborei nel 1910, dopo aver dedicato la vita all’Osservatorio di Brera, alla mappatura telescopica del “pianeta rosso”, aver scoperto il pianetino-asteroide Esperia (il nome dell’Italia per gli antichi greci) e aver ispirato e fatto sognare per decenni autori e lettori appassionati di fantascienza. Lui, Schiaparelli, era anche uno studioso di archeologia e storia antica, lasciando un’opera postuma dedicata proprio alla storia dell’astronomia. Lui, Schiaparelli, era famoso per aver dato spiegazione alla teoria delle sfere omocentriche di Eudosso, esemplificativa del moto dei pianeti, per aver rivelato il segreto delle stelle doppie. Lui, Schiaparelli, era stato però anche il dissacratore di una delle fondamentali fonti di emozioni per l’uomo, rivelando anche il segreto delle stelle cadenti, che sono pur sempre sciami di frammenti nobili delle comete, disgregate dall’energia solare e catturati dalla Terra nell’intersecarne le orbite. Addio Roma sotto un manto di stelle, addio Firenze e il suo Arno d’argento, su cui si specchiava il firmamento, addio sonda “Schiaparelli”, addio “Giochi” interplanetari…
Ruggero Alcanterini