Ha superato il primo vaglio di ammissibilità il ricorso proposto dallo Studio Rienzi in collaborazione con il Codacons relativo al caso di un pubblico funzionario che, dopo aver patteggiato la pena per un asserito reato contro la Pubblica Amministrazione e subito la confisca per somma pari al profitto del reato, è stato anche condannato dalla Corte dei Conti per il danno d’immagine provocato alla P.A.
La Corte Europea dei diritti dell’uomo, sulla base dei motivi posti a base del ricorso presentato da Codacons e Studio Rienzi, ha ritenuto ammissibile l’istanza: questo significa che ora la Corte dovrà in primo luogo valutare la legittimità del risarcimento del danno all’immagine disposto dalla Corte dei Conti, a fronte dell’art. 322 – ter, c.p.p. che non fa alcun riferimento a tale risarcimento, diversamente dal caso di cui all’art. 322 – quater. c.p.p., concernente la condanna del soggetto che ha seguito il rito ordinario.
Inoltre, si chiede alla Corte di Strasburgo di valutare se non violi il principio del ne bis in idem la sottoposizione a giudizio di responsabilità erariale davanti alla Corte dei Conti per lo stesso danno all’immagine già oggetto di liquidazione in sede penale.
Infine, si chiede alla Corte EDU di valutare, alla luce dell’art. 1, Protocollo addizionale CEDU, la legittimità del criterio previsto dall’art. 1, comma 62, l. n. 190/2012 (c.d. legge Anticorruzione), che fissa, secondo un rigido e incomprensibile automatismo, in una somma pari al doppio della somma di denaro illecitamente percepita dal dipendente, il danno all’immagine derivante alla P.A. dalla commissione di un reato contro la stessa.
In caso di accoglimento della questione si aprirà la possibilità per chi negli ultimi 10 anni ha subito condanne per danni all’immagine della p.a. di richiedere indietro quanto pagato.