Emerge una volta di più l’incredibile timidezza dell’Occidente quando si tratta di difendere i diritti – e a volte la stessa sopravvivenza – delle minoranze cristiane che vivono in Paesi dittatoriali (non solo islamici). L’Egitto è, da questo punto di vista, un esempio da manuale. Copti, cattolici e protestanti rappresentano il 10% della popolazione complessiva, una percentuale tutt’altro che trascurabile. Il che impedisce ai pacifisti a senso unico, come spesso accade, di fare spallucce sostenendo che in fondo si tratta di minoranze poco importanti.
Il ragionamento è in ogni caso privo di senso, poiché i diritti di una minoranza non si misurano certo in base alla sua consistenza numerica. Desta tuttavia un certo sgomento notare quanto siano flebili le proteste dei cristiani occidentali. E in Italia, seguendo una sperimentata tradizione, molti esponenti cattolici sembrano assai più sensibili alle sorti della Fratellanza Musulmana che a quelle dei correligionari che vivono in uno stato di permanente minaccia.
Conta poco appurare se chiese e monasteri assaltati e bruciati siano 40, 80 oppure 100. E’ importante invece rilevare che anche in molti luoghi si rischia la progressiva scomparsa dei cristiani, a dispetto dei numeri significativi citati in precedenza.
Tale scomparsa è in atto da decenni in molte nazioni. Per esempio i cristiani sono passati dal 25 all’1% in Irak e dal 15 al 6% in Siria. In Iran (340mila cristiani su 77 milioni di abitanti) le chiese sono protette dalla polizia. In Afghanistan e Arabia Saudita non è riconosciuta alcuna libertà religiosa ed è vietato il proselitismo. La situazione sta inoltre peggiorando rapidamente anche in Turchia e in Pakistan, con una crescita esponenziale del fondamentalismo.
E’ quindi naturale che molti cristiani vedano nell’emigrazione l’unica via di scampo, con il risultato di impoverire il tessuto sociale e culturale dei Paesi in cui sono nati e cresciuti. Ma non tutti sono disposti a seguire questa strada, proprio perché non intendono tagliare di netto le loro radici e affrontare l’arduo percorso che da sempre gli emigranti devono percorrere per inserirsi in realtà nuove.
Altrettanto naturale è che le comunità cristiane abbiano seguito con apprensione l’avvento delle cosiddette (e ormai defunte) “primavere arabe”. I regimi dittatoriali abbattuti avevano un’impronta laica derivante dall’ideologia del partito socialista panarabo “Baath”. Senza dubbio la tolleranza era dovuta a ragioni di convenienza ma, in ogni caso, c’era.
La debolezza degli attuali leader occidentali non è mai stata così evidente. Menziono infine un episodio forse minore, ma a mio modo di vedere significativo. Alcuni mesi orsono raggiunse l’apice in Nigeria una campagna terroristica condotta dal movimento islamista “Boko Haram”. Decine di chiese distrutte, villaggi cristiani rasi al suolo e abitanti massacrati senza pietà. Il governo nigeriano decise allora di inviare l’aviazione a bombardare le basi dei terroristi, ma fu subito rimbrottato da alcuni governi occidentali col pretesto che, agendo in quel modo, si rischiava di colpire anche i civili.
Viene spontaneo chiedersi, allora, a quale gioco sta giocando l’Occidente. Se abbiamo di fronte forze che esibiscono con orgoglio il loro retaggio storico, religioso e culturale, al punto di bandire per legge ogni eredità diversa, sembrerebbe logico difendere il nostro.
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