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Editoriale

Nun me scordo mai…

Ieri è andato in scena l’incontro informale dei Ministri dell’Interno dei Paesi aderenti all’Europa comunitaria o se preferite all’Unione Europa. Per l’Italia, Salvini ha ricordato le problematiche che ben conosciamo, quelle che sono legate alla formula tutt’altro che europea, quella di “Ognun per se e Dio per tutti!”, sottolineando l’imbarazzante defilamento di Malta, rispetto al transito di navigli con migranti nelle acque di sua competenza e il collega lussemburghese lo ha interrotto con la protervia di chi è abituato a vivere del sacrificio degli altri, ricordando che nel secolo scorso furono gli italiani ad essere protagonisti di un fenomeno analogo… Credo che quanto accaduto a Vienna, le valutazioni che ne derivano non a caso capitino proprio nel giorno che celebra il decennale del clamoroso fallimento della “Lehman Brothers”, la banca d’affari americana che in un giorno cambiò il destino economico di molti nel mondo, noi compresi. Penso che siate d’accordo sul fatto che si debba riflettere seriamente e concludere che L’Europa Unita non possa essere solo un fatto economico, legato all’Euro e dominato dagli egoismi, da nazionalismi con la Francia in testa, senza parità possibile per welfare, sanità, lavoro, livelli retributivi, istruzione, ricerca, sicurezza, difesa, mobilità, ambiente, flussi migratori esterni e interni, etc. Ci vuole un bel coraggio a pensare che qualcuno possa essere condannato a prendersela in quel posto, in nome e per conto degli altri, sulla base della storia e della collocazione geografica. Questo vale per l’Italia, come per la Grecia , la Spagna e la stessa Malta, esposte direttamente sulle rive del Mare Nostrum, ma anche per gli altri Paesi. L’accoglienza o il respingimento in assenza progettualità e pianificazione, sulla base della sola emergenza, ha gli aspetti inquietanti del fatalismo che purtroppo giustifica le catastrofi totali in mancanza di prevenzione. Questa situazione paradossale mi fa pensare alla famosa battuta del Guicciardini impegnato nel complicato trattato di Cognac in difesa degli interessi fiorentini, nel 1526: “Francia o Spagna, purché se magna…”. Diciamo che siamo arrivati alla filosofia del chi se ne frega o della temperata contestazione, purché non si metta in discussione l’Unione Europea che, così com’è, con tutto il rispetto per il Presidente Mattarella, sta diventando un eufemismo. Mi pare che il clima montante sia quello della rissa e che le ragioni della diaspora siano ben diverse da quelle che dividevano o univano i mentori degli Stati Uniti d’Europa, da Giuseppe Mazzini ad Altiero Spinelli, partendo dal suggeritore americano Beniamino Franklin e passando per La Fayette, Garibaldi, Hugo, peraltro tutti massoni… Dai prodomi ad oggi, ci corrono quattro secoli con rivoluzioni, guerre, cambiamenti epocali sociali, scientifici e non di meno politici. Sono quasi scomparse le monarchie e totalmente i regimi totalitari, ma non i veri poteri, che nel bene e nel male sono da sempre consolidati nella religione e nell’economia, salvo quelli occulti, che come tali ci sono ovviamente nascosti. E allora, cosa fare ? Beh, io vi propongo una soluzione, quella di rifugiarci nell’impero dei sensi. Giusto quell’empireo fatto di emozioni e di sentimenti, che sta tra il materiale del cibo e l’immateriale della poesia, dal sapore di un frutto maturo alla elaborazione di un piatto povero, dalla visione di un tramonto sul Foro Romano all’intonare uno stornello, all’immaginarci protagonisti di una struggente storia d’amore, come ho fatto io oggi, rimembrando la “Nun me scordo mai”, scritta dal poeta gastronomo Adolfo Giaquinto, con la musica di Cardoni, nel 1894, cantata magistralmente, ma per metà, dall’impareggiabile Ettore Petrolini. Sì, per metà, perché la seconda strofa era disillusoria, negativa e i buon Petrolini non desiderava che la gente piangesse. Dunque a voi l’arduo giudizio, augurandovi buona lettura e buon ascolto !

NUN ME NE SCORDO MAI
( A.Giaquinto, A.Cardoni 1894 )
Me feci un bello inzogno l’antra notte,
che annamio, “soli soli ” a San Giovanni
impainati”, co’ li mejo panni,
sdrajati, tutt’ e due…dentro a un lando’…
io te dicevo “ciumachella mia”,
e te strignevo “forte forte” ar core,
paremio tutt’e due… matti…d’amore !
ma er bacio che me dasti… me svejo’ !
io, de quer dorce inzogno
nun me ne scordo…mai ,
pare che sempre stai…
abbraccicata a mme !
tu invece, m’hai lassato…
in abbandono a piaggne,
tra le pene e tra l’affanni
e so’… che vvai stanotte a San Giovanni
co ‘n antro, fortunato… ppiu’ dde me !
e che a penzacce, io, me ce dispero,
sento strazziamme er core drent’ ar petto,
si tte ce trovo, io… nun sia mai detto…
me vederai mori’… ddavanti a tte !…
io de quer dorce inzogno,
nun me ne scordo mai,
pare che sempre stai…
abbraccicata a mme ! ( 2 volte )

Ruggero Alcanterini

Direttore responsabile de L’Eco del Litorale

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