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TRA MALTA E LAMPEDUSA, IL TEVERE BOJACCIA

8 luglio 2019
Per quella bambina appena nata, gettata tra i flutti del Fiume “bojaccia”, non c’è stata accoglienza, un passaggio diretto dalla luce al buio assoluto. Ecco, quel che attende chi viene “accolto” e poi lasciato alla mercé dell’incognito, salvo miracoli. Dunque, la terza opzione, quella tra i porti più o meno chiusi è quella di una odissea ai margini della società, mimetizzati tra la vegetazione urbana inselvatichita, nelle aree golenali, nelle bolge infernali delle stazioni, ai semafori con le mani tese, nelle infrastrutture in degrado, nelle auto abbandonate o peggio, sulla strada al servizio dei ras dello spaccio e della prostituzione. E’ evidente, che, quel che può essere una risposta all’emergenza di un momento, non può assumere la caratteristica di un servizio permanente effettivo, salvo cambiare radicalmente impostazione, protocolli, regole di una società civile non basata sulle dinamiche dell’immigrazione forzata. Posto che questo non è previsto, né in fieri, che l’intero continente europeo nicchia, occorre fare di necessità virtù, magari con adozioni a distanza garantite nei paesi di emigrazione ed una cinica guerra a pirati, trafficanti, scafisti e collusi, per intenderci, quelli che sulla schiavitù di ritorno e la finta accoglienza ci campano e si arricchiscono, peggiorando il livello di degrado evidente, che già ammorba il nostro territorio tra pattume non smaltito, discariche regolari e irregolari esauste e inquinanti, l’amianto di buona memoria in attesa di rimozione, i fuochi “purificatori” accesi in quella terra apparentemente di nessuno, che è pur sempre il perverso nesso tra il mefitico sommerso, tra la compromissione consapevole del territorio e la salute di tutti noi cittadini. In queste condizioni, mi chiedo di come ci si possa attribuire il titolo di campioni dell’accoglienza, a fronte del progressivo disastro in essere, proprio legato a questa pretesa di essere sul posto più alto del podio, ad ogni costo. In effetti, i nostri addetti al salvamento in mare sono riusciti e riescono a fare anche miracoli. Non abbandoniamo nessuno, che sia vivo o morto, al momento del naufragio, ma poi sostanzialmente ci disinteressiamo di coloro che sono salvati e finiamo per perderne sistematicamente le tracce. Questo avviene con migliaia di adulti e quel che è ancora più grave, di minori. In realtà, molti di questi soggetti, riappaiono come rivoli di un immenso diffuso fiume carsico in ogni angolo del nostro Paese, cui stiamo tentando in tutti i modi di togliere l’aggettivo distintivo per eccellenza, quello di “Bel”. E’ disarmante vedere che queste migliaia e migliaia di derelitti vengono lasciati al proprio destino, abbandonati in condizioni orribili in ogni dove loro pensano di nascondersi, spesso in luoghi sensibili e visibili come capita a Roma, dove sono accampati sotto i ponti e lungo gli argini del Tevere, piuttosto che nelle esedre dell’EUR, nei parchi e nei parcheggi, nei sottopassi o intorno a San Pietro e non soltanto, come si vede ovunque, ma appunto intorno e dentro le strutture pubbliche, di servizio e di urgenza come i pronto soccorso, le stazioni della metro e secondarie ferroviarie non presidiate o nei complessi abbandonati, come capita all’Ospedale Forlanini. Faccio la riflessione che in una situazione chiaramente fuori controllo, in cui le manutenzioni delle strade e del verde sono ferme da tempo, gli stadi come il Flaminio vanno in malora, i beni sequestrati alla criminalità seguono la stessa sorte, il materiale rotabile, treni e metropolitane sembrano carri allegorici, tanto sono pittati e ripittati dai grafitari. Eppure, questo modo d’essere, di rinunciare al proprio decoro con l’alibi buonista del dovere o della scelta alternativa dell’accoglienza dovrebbe essere avvertito come un sintomo di malessere predittivo di rischi più gravi, di quello che sta diventando un tentativo di suicidio, non soltanto di chi governa al centro e in periferia, ma da parte degli stessi cittadini che, per protesta, si astengono o trasferiscono sempre di più e con facilità il consenso, senza se e senza ma, con percentuali senza precedenti, per liste e candidati che possono vantare il merito della novità , della presunta diversità e della probabile capacità di governo, salvo verifiche.
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