SPORT PER CULTURA – Si tratta del titolo di un volume da me firmato nel 1992, in occasione del Trentennale della fondazione dell’AICS, prima Associazione Italiana Circoli Sportivi e poi … Cultura e Sport. Per trentasei anni mi sono occupato di un Movimento di promozione sportiva, tra quelli di maggiore consistenza e successo, partendo da una chiamata del prof. Probo Zamagni, pilastro dei “Senza Cena” con Alfredo Berra e promotore della Facoltà Universitaria di Scienze Motorie , con la FISAM, nel novembre del 1962. L’Associazione era stata fondata nell’agosto dello stesso anno da Giacomo Brodolini, sindacalista di vaglia, allora vice segretario del Partito Socialista Italiano, che – insieme ad una cartella contenente poche carte riassuntive di una storia straordinaria, iniziata negli anni dieci/venti del Novecento con la UOEI (Unione Escursionisti Operai Italiani) di Leonida Bissolati, l’APEF ( Associazione Proletaria per l’Educazione Fisica) di Attilio Maffi, continuata con le ASSI negli anni quaranta e infine proseguita con l’UCSI (Unione Centri Sportivi Internazionali) nei cinquanta, presieduta dal figlio di Giacomo Matteotti, Matteo – mi consegnò le chiavi del suo studio a Roma, in via del Corso, al 525, di fronte al Cinema/Teatro “Metropolitan”, affinché dalla teoria si passasse alla pratica. Io allora ero un giovanissimo di belle speranze, già invischiato nello sport di base, tra UISP Centrale – Centro Propaganda Atletica Leggera e CUS Roma, alle prese con prime esperienze giornalistiche irripetibili tra Agenzia Italia, La Gazzetta dello Sport e Servizi Sportivi del Giornale Radio – RAI, dopo essere passato per il Press Centre dei XVII Giochi Olimpici all’Acquacetosa.. Diciamo che ero considerato affidabile, contemporaneamente accettato dallo sport e dalla politica, quando il rapporto era comunque complicato, ma chiaro nella distinzione dei ruoli, tra personaggi che sapevano usare lo stesso linguaggio, forti di una basilare onestà intellettuale, orientati verso un comune obiettivo, quello di recuperare allo sport il ruolo di motore per far crescere la qualità della vita e quindi, con la giusta cultura dello stesso, trasformare la società in civile. Faccio questa menzione non a caso, perché bisogna essere consapevoli della propria storia, da dove si viene, per meglio comprendere dove andare. Giulio Onesti stesso era stato bollato con il monito “Lo sport agli sportivi!”, quando era in corsa per la Presidenza nel CONI, al termine del mandato da Commissario nominato dal Governo. Nel corso di decenni ho visto sorgere e tramontare sogni e speranze, progettare architetture non utopiche, comunque abortite per mancanza di dialogo, sfumare prima le buone intenzioni di Onesti e dello stesso Brodolini, passando per la legge Fifty-Fifty, che avrebbe dovuto dare spazio adeguato alla promozione sportiva, oltre un maggiore agio economico al CONI nella diversa ripartizione dei proventi dal Totocalcio. Poi, i libri denuncia sfornati da Donato Martucci E Tonino De Julis, dal bianco all’azzurro, passando per il rosso e il verde negli anni sessanta e settanta, con la genialata dei Giochi della Gioventù e i Centri Olimpia, collegati a Federazioni ed Enti di Promozione, mettendo in rete il mondo della scuola con migliaia di comuni per il tramite attivo delle delegazioni provinciali del CONI. Negli anni settanta, anche con la liquidazione traumatica di Onesti e negli ottanta, passando per Mariotti, Signorello, Lagorio e lo stesso Carraro fattosi politico e ministro, la storia è stata segnata da occasioni perse, sciupate. Eppure i segnali di un progressivo logoramento del ruolo sociale, della crescente inadeguatezza progettuale, non sono mancati e quando le risposte ci sono state , sono finite nel tritacarne della retorica e affondate nelle sabbie mobili, che circondano la questione sportiva, quella vera, centrale come fattore di educazione e di salute. Provate a dare una occhiata alla rassegna stampa di un qualsivoglia giorno e traetene le conclusioni voi stessi. L’argomento ossessivo in tutte le declinazioni è quello del calcio spettacolo, del resto, della immane quantità di attività sportiva di base, soltanto qualche fastidioso neo per i quotidiani specializzati e figuriamoci gli altri. Lo spazio arriva quando qualcuno degli altri sport va sul podio, ma questo alimenta soltanto l’apparire. In realtà, se la questione dovesse limitarsi al solo professionismo sportivo, potremmo essere felici di un bilancio ragguardevole, salvo le fortune del calcio e il ricordo del tifo violento dentro e fuori degli stadi. Invece, c’è da preoccuparsi della incertezza per il futuro della pratica sportiva da parte dei cittadini di ogni età, censo e condizione fisica, ormai formalmente a bocce ferme, dopo il varo della Finanziaria 2019, la successiva Legge di Riforma con i suoi Decreti Attuativi, il valzer dei Governi con la delega allo sport, ieri a Spadafora ed oggi alla Vezzali, la metamorfosi di CONI Servizi in Sport e Salute e il Congresso del Comitato Olimpico in divenire, con la pandemia da COVID ancora in essere. Forse un soprassalto coraggioso ed importante di effettiva riforma potrebbe venire proprio dal mondo dello sport, che ha maturato esperienza e responsabilità, nel bene e nel male, in settantatre anni di vita repubblicana. Diciamo una ultima fondamentale opportunità potrebbe esserci, proprio tra il 14 aprile e il 13 maggio, negli ultimi passaggi elettivi a Roma e Milano, quando si pronunceranno i rappresentanti di un mondo prevalentemente onesto ed onusto, ancora riunito intorno a propri labari, alle bandiere e ai podi, nella speranza che si affermi lo spirito del fair play e le responsabilità future vengano assegnate ai migliori in campo.