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L’Italia stretta tra Cina e USA

La premier Giorgia Meloni si trova ad affrontare un problema molto spinoso, eredità del precedente governo gialloverde Conte-Salvini e, soprattutto, dell’ex ministro degli Esteri grillino Luigi Di Maio.

E’ opportuno rammentere che l’Italia fu l’unico Paese del G7 a siglare, nel 2018, con Pechino l’accordo della “Via della seta”, con il quale Xi Jinping intende promuovere la penetrazione commerciale cinese in ogni parte del mondo.

All’entusiasmo cinese e italiano si contrappose l’evidente irritazione di Joe Biden e degli altri membri del G7, che auspicavano maggiore prudenza da parte di Roma.

In seguito il progetto fu in pratica bloccato dal Covid, con la Repubblica Popolare chiusa in se stessa per fronteggiare la diffusione della pandemia.

Finita quest’ultima, tuttavia, la dirigenza cinese è più che mai intenzionata a dare nuova linfa al progetto, che è del resto essenziale per la politica estera di Xi Jinping. E la leadership cinese si attende da Roma un rinnovo pressoché automatico dell’accordo.

Gli ostacoli però sono molti. Innanzitutto l’ostilità Usa, che non è mai venuta meno. Giorgia Meloni, dopo aver ricevuto l’incarico, ha modificato le sue posizioni in materia di politica estera. Prima era vicina al premier ungherese Viktor Orban, quindi euroscettica e atlantista “tiepida”. Diventata premier si è trasformata in europeista e soprattutto in atlantista convinta, come dimostra il suo sostegno incondizionato a Zelensky.

Se decide di disdire l’accordo sulla Via della Seta, è lecito attendersi una dura reazione da parte cinese, soprattutto sul piano economico e commerciale, visti gli interessi che la Repubblica Popolare ha nel nostro Paese. Se invece lo rinnova, ci sarà una reazione altrettanto dura da parte americana. Un vero e proprio rebus, insomma, e ancora non si capisce quale corno del dilemma la premier sceglierà.

Si noti però che, nel frattempo, il presidente francese Emmanuel Macron si è recato in visita a Pechino portandosi dietro Ursula von der Leyen, e ha stretto accordi con Xi senza esitare troppo. Come del resto aveva fatto in precedenza Olaf Scholz, accompagnato da una nutrita delegazione di industriali e banchieri tedeschi.

 

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