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L’editoriale del Direttore: SULL’ AMIANTO, PONTI SENZA SPONDE

Ecco, che dopo la visione di un impressionante servizio inchiesta RAI sullo stato di degrado delle migliaia di ponti, viadotti e cavalcavia disseminati in tutto il sistema viario italiano, strutture perlopiù realizzate nel secolo scorso con materiali cementizi impastati con amianto e armate con ferro in molti casi mineralizzato, corrose e disgregate, ad evidente rischio di crollo, di implosione, abbiamo conferma che il disastro del Ponte Morandi sul Polcevera non è stato casuale, ma la conseguenza ovvia di un atteggiamento, di una filosofia gestionale, complessiva di chi tira a campare e la polvere con asbesto ha sinora preferito gettarla sotto il tappeto. Non è di certo rivendicando un ruolo per il responsabile allarme sull’ipotesi di demolizione con esplosivi – che ha modificato le scelte per le operazioni in corso a Genova, peraltro dopo il grave precedente del 24 luglio del 2008 con l’abbattimento al tritolo del Velodromo Olimpico a Roma – che ONA può pensare di aver assolto al compito che spetta ai difensori dei cittadini da rischi tossici: quello appunto da amianto è doppiamente perverso e subdolo, perché insito ovunque e killer a memoria debita. Dunque, per fare il punto su di una situazione esemplificativa come quella di Latina, di quanto complesso sia il problema, di quanto sia difficile affrontare il combinato disposto tra economia del territorio, sistema industriale, sicurezza del lavoro e della salute come bene primario non soltanto prioritario ma assoluto, l’Osservatorio Nazionale Amianto con il suo Presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, ha indetto per il prossimo sabato 13 aprile un appuntamento irrinunciabile per chi ha a cuore il futuro di una regione simbolo come quella pontina: storicamente terra di redenzione naturale e di rinascita sociale, ora è di nuovo a rischio, afflitta appunto da siti contaminati da amianto, da rifiuti tossici e dal nucleare delle centrali , non di certo sopito da cessazioni burocratiche. Per questo, immaginiamo ONA alla stregua del grande Ponte sul Danubio, che Apollodoro di Damasco realizzò per Traiano diciannove secoli fa, opera straordinaria di oltre un chilometro, costruita anche con cemento romano, malta priva dell’amianto, che era comunque concepita per il breve termine, per l’uso esclusivo di una azione, in quel caso militare. Per questo vorremmo adottare simbolicamente non un sito istituzionalmente imponente, come il Tempio di Giove Anxur, che pure insiste in un punto nevralgico del panorama latino, ma più a nord quello assolutamente identificativo della necessaria compatibilità tra le opere dell’uomo e della natura in funzione di un giusto divenire, il Forum Appii. Il cippo e il ponte, che lo segnalano, si trovano al quarantatreesimo miglio della Regina Viarum, suggestione lirica per Orazio, punto di riferimento per Strabone e Plinio il Vecchio, tappa per San Paolo in viaggio verso Roma, quale ponte senza sponde né tempo, nodo di civiltà ponderata da ripristinare idealmente in un contesto di salubrità.

Ruggero Alcanterini

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