Giustizia per un ex motorista della Marina Militare
S.D., motorista navale, di Roma, è stato ucciso dall’amianto dopo esser stato lungamente esposto per motivi di servizio all’amianto killer. Sono bastati 3 anni di esposizione ad amianto per contrarre un mesotelioma pleurico che gli è costato la vita. Una malattia che ne ha piegato la resistenza fisica e morale. Tuttavia, non si sono arresi i suoi familiari che hanno chiesto e continuano a chiedere giustizia.
Rappresenta un grande traguardo il riconoscimento di vittima del dovere. Ottenuto grazie all’impegno dell’Avv. Ezio Bonanni e dell’Osservatorio Nazionale Amianto.
L’impegno dell’ONA accanto alle vittime del dovere
Sono più di cento le famiglie assistite dall’ONA. Famiglia di vittime dell’amianto della Marina Militare. Secondo le stime epidemiologiche dell’associazione, negli ultimi 20 anni sono più di 2000 coloro che sono deceduti a causa del mesotelioma e di tutte le altre patologie asbesto correlate, tra il personale civile e militare della Marina Militare.
Intanto i familiari del militare deceduto hanno ottenuto un primo risarcimento di circa 225.000,00 euro, in seguito al riconoscimento di vittima del dovere. Per poi ottenere in seguito anche la liquidazione dell’assegno vitalizio e dello speciale assegno vitalizio.
«In questo caso la vittima è stata riconosciuta come tale, vittima del dovere. Per essere più precisi, è vittima dell’amianto e della violazione di regole cautelari. In ogni caso è già un primo passo da parte dell’Marina Militare e confidiamo che ci possa essere l’integrale risarcimento.
Inoltre speriamo che ci siano buone pratiche amministrative per ottenere il risarcimento integrale di questa famiglia sventurata e di tutti gli altri che ancora attendono giustizia. Certamente proseguirà la nostra azione nel processo penale pendente presso la Procura di Padova. Ci costituiremo parte civile anche nel caso in cui sarà avviato il processo Marina Ter» dichiara l’Avv. Ezio Bonanni, Presidente dell’ONA.
Quel mostro chiamato mesotelioma pleurico
“Mio padre non c’è più per colpa dello Stato. Si è ammalato, ed è deceduto, di mesotelioma pleurico per esser stato esposto ad amianto durante il servizio a Taranto. Lavorava all’interno delle navi militari. Lunedì, 17 luglio 2017, finalmente la dignità a mio padre è stata in parte restituita.
Non mi riferisco al risarcimento, in quanto l’amore di mio padre non ce lo ridarà indietro nessuno. Però quanto meno è scritto nero su bianco che mio padre non sarebbe dovuto morire. Non era arrivato il suo momento, ma il suo killer è stato l’amianto.
La prova schiacciante è stata la divisa di mio padre, che mia madre teneva riposta nell’armadio come ricordo. L’abbiamo fatta esaminare ed è stata confermata la presenza di amianto. Ora ovviamente la paura è anche per noi. Per la possibilità di aver respirato queste fibre all’interno della nostra casa”. Sono queste le dure parole pronunciate dalla figlia della vittima.
“Una carriera da marinaio al servizio dello Stato. Per scoprire, appena andato in pensione, di essere affetto da un mesotelioma. La vittima è deceduto dopo mesi di atroci sofferenze. Ancora una volta una morte annunciata e al tempo stesso evitabile.
Tra il personale della Marina Militare sono stati censiti n. 621 casi di mesotelioma e molti altri purtroppo saranno ancora diagnosticati”, dichiara l’Avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto.
La moglie e i figli, assistiti dall’Avv. Ezio Bonanni, hanno ottenuto che fosse riconosciuta per questa morte la correlazione tra servizio e amianto, un diritto per una vita spezzata nel dolore.
Uomini esposti all’amianto killer in Marina Militare
Il sig. D.S. è deceduto nel luglio del 2012 a causa di un mesotelioma pleurico correlato all’esposizione ad amianto avvenuta, come accertato dalle indagini condotte sulla sua vita lavorativa dai medici della ASL del Registro Nazionale Mesoteliomi per il Lazio nei mesi successivi al decesso, durante il servizio di leva nella Marina Militare a Taranto, dal 1973 al 1976.
Con la mansione di motorista navale svolse il suo servizio imbarcato sulle navi impiegate per il rifornimento di acqua alle isole della Sicilia. La sua era una mansione che più che mai espone i marinai alle mortali fibre di amianto. Come apprenderanno dolorosamente i suoi familiari solo molto tempo dopo. Il sig. D.S. non proseguirà nella carriera militare, in quanto, proprio in quegli stessi anni, ha conosciuto la ragazza che è poi diventata sua moglie e che gli ha donato i suoi due adorati figli.
“Era un uomo onesto, saggio, equilibrato, di grande cuore, pronto al sacrificio per tutti i componenti della famiglia anche quella di origine, per i suoi cinque fratelli che vivono ancora in Umbria, mentre lui nato a Città di Castello molto giovane si era trasferito a Roma e lì costruito la sua vita. Si è guadagnato tutto, era umile e rispettoso, attento e prudente. Ma soprattutto”, continua visibilmente commossa la figlia, “Ha saputo essere per i suoi figli un modello. Ha insegnato con l’esempio, mettendo in pratica per primo le sue raccomandazioni. Ha ispirato una condotta di vita coerente improntata al rispetto di sè e degli altri”.
L’inizio di un calvario lungo e doloroso
Nel giugno del 2011, la famiglia subisce un doloroso cambiamento quando il sig D. che aveva sempre goduto di una buona salute, inizia ad accusare i sintomi della malattia. La patologia è iniziata con un dolore al torace, difficoltà respiratoria, stanchezza ed una debolezza insolita. Sintomi che gli impediscono anche di affrontare la consueta passeggiata serale con la moglie, alla quale non rinunciava mai.
Si rivolge ad uno specialista di fiducia che riscontrando dalla lastra un versamento pleurico gli prescrive degli antibiotici e degli antinfiammatori ipotizzando una pleurite forse trascurata. L’inefficacia dei farmaci e il peggioramento dei sintomi nel mese di luglio inducono lo specialista a richiedere un consulto diagnostico, dove viene diagnosticata, purtroppo, la presenza di un tumore abbastanza esteso che interessa la parete pleurica, gran parte del diaframma e parte del pericardio. Inizia il calvario.
“Mio padre venne sottoposto ad un primo intervento in agosto nel tentativo di arrestare l’avanzamento della malattia, prelevando le aree coinvolte, e un secondo intervento in settembre più drastico, tecnicamente definito decorticazione completa che comunque potrà solo aumentare il periodo di sopravvivenza, i medici non ci hanno nascosto l’inesistenza di una cura. Mio padre ha affrontato i giorni della malattia con la forza, la calma, la positività l’equilibrio e la saggezza che lo hanno contraddistinto per tutta la sua vita”.
Le parole della figlia della vittima
“Certo ha attinto il suo coraggio anche dal nostro sostegno, io, mia madre e mio fratello l’abbiamo fatto sentire amato e ci siamo sempre mostrati ottimisti, abbiamo sorriso per alimentare la sua speranza di guarigione anche quando le terapie dicevano il contrario. Dopo il secondo ciclo di chemioterapia, infatti, la TAC rivela un peggioramento dello stato del tumore e la conseguente decisione di iniziare la terapia del dolore ambulatoriale presso l’Ospedale di Roma che garantirà un miglioramento della qualità di vita e della percezione del dolore fino al maggio del 2012.
Il peggioramento ci riporta nello stato di angoscia dell’ anno precedente e le nostre paure si concretizzano in un pomeriggio di inizio giugno quando i dolori diventano intollerabili e per la prima volta papà dice di non farcela più, lui che non si era mai lamentato, che non si era mai mostrato sofferente, che aveva una soglia molto alta del dolore. Resta ricoverato nel reparto di oncologia fino alla metà di giugno quando i medici ci comunicano la terribile notizia dell’avvio delle procedure di ricovero presso una struttura che garantirà un fine vita dignitoso.
Questo il momento che segna la fine di tutte le speranze, anche quelle di mia madre che, a lungo sostenuta dalla sua fede, aveva continuato a confidare in un miracolo. Nei suoi ultimissimi giorni a mio padre non è mancata l’ assistenza professionale e come sempre non sono mancati l’amore, la vicinanza e il sostegno di tutti i suoi cari che non avevano mai pensato che lo avrebbero perso tanto presto, lui così forte, il loro eroe.
L’incontro con il Presidete ONA
Nell’ottobre del 2013 io, mio fratello e mia madre abbiamo incontrato per la prima volta l’avv Ezio Bonnani. Il presidete ONA da subito si è interessato alla storia di mio padre. La causa di mio padre infatti rappresentava un caso pilota riguardo i militari in servizio di leva. Aprendo così, la possibilità al riconoscimento di vittima del dovere.
Iniziamo la ricerca di tutti i documenti della permanenza di mio padre in Marina comprese le lettere che spediva a mia madre, le foto, le immagini delle cerimonie, i nomi delle navi e dei compagni e anche una sua divisa su cui l’ analisi molecolare ha rivelato fibre di amianto a ribadire con ancora più forza il legame fra il servizio di leva e la malattia di mio padre”.
Solo nel 2016 arriva la resa dei conti
Nell’agosto 2016 nel procedimento Marina è arrivato il riconoscimento di vittima del dovere per l’ impegno a risarcire i familiari con le cifre previste da regolamento.
“Desidero ringraziare profondamente l’avvocato e i suoi collaboratori ognuno dei quali ha contribuito in maniera diversa a questi risultati. Ottenere giustizia è il desiderio che muove la battaglia della mia famiglia, nessuna somma o targa potrà compensare l’assenza di mio padre dalla nostra vita e i cambiamenti che ne sono derivati.
Giustizia:individuare chi sapeva, nel nostro caso la Marina, in quali condizioni faceva lavorare le persone che arruolava e che ha ignorato le norme di sicurezza causando la morte di una persona. Forse per loro un numero ma non per la famiglia”.