Il 24 luglio 2008 il drastico boom, la distruzione con 120 kg di tritolo. Da allora il magnifico Velodromo dei XVII GIOCHI OLIMPICI di Roma è soltanto un ricordo… Ne rimangono i rottami della pregiata pista e tanta volatile micidiale polvere d’asbesto in un degradato deserto di oltre sette ettari. Quale la ratio di tutto ciò? Del danno irreparabile al patrimonio storico e del grave disastro ambientale? In sospeso ci sono progetti per la costruzione di otto palazzi…
La RAI, nel quadro di un approfondimento sui rischi da amianto nella Capitale, dopo la Conferenza organizzata dall’ONA ( Osservatorio Nazionale Amianto ) in Campidoglio, ha mandato in onda proprio oggi servizi radiofonici e televisivi sul “velodromocidio”, che quattordici anni fa ha cancellato brutalmente un pezzo fondamentale della storia olimpica, dell’architettura del Novecento, dello sport italiano e romano. Al degrado, frutto dell’incapacità di gestire e della incompetenza culturale, che ha ridotto in agonia anche lo Stadio Flaminio e il Palazzetto Tiziano, ora oggetto di un primo tardivo intervento riparatorio, si aggiungono l’Ippodromo di Tor di Valle, la cattedrale incompiuta come la Vela di Calatrava a Tor Vergata e il disarmo strisciante delle Capannelle. Analogo destino stanno subendo le scheletrite torri di Cesare Ligini, medesimo architetto progettista del Velodromo , che si specchiano nel Lago all’EUR, altro luogo di sport olimpico con la Piscina delle Rose, assediato dalla fatiscenza dei ponti e delle strutture di supporto. Poco più in la, il Palazzo dei Congressi, altro luogo olimpico (Torneo di Scherma e Assemblea Olimpica nel 1960) ormai soppiantato dalla Nuvola di Fuksas e bisognoso di recuperare giusto ruolo e dignità.