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Il Toro e la speranza che non muore mai

Scriveva Sandy Gingras che per il mare la vita è differente. Non si vive di ora in ora ma secondo l’attimo. Viviamo in base alle correnti, ci regoliamo sulle maree e seguiamo il corso del sole o della luna.
Un mare di confusione, tra il volersi per forza aggrappare ad una superficie unta o insaponata pur di sopravvivere appesi ad un cornicione ed un profondo desiderio di cadere una volta per tutte e farla finita, anche di pretendere ciò che tanto non ci sarebbe possibile ottenere.
Un mare di sogni, quegli stessi che ti portano a fantasticare di te ottantenne in sella ad una Harley tra le strade del Colorado o di un tricolore consegnato agli Invincibili in una Torino stracolma di tifosi in festa.
Ma si, tanto un sogno vale l’altro.
Un mare di passione, che sia quella vissuta contro i mantovani al Delle Alpi o contro quel muro di plastica che ti divideva dai gobbi nel settore ospiti, sul quale ci sbattevi ergicamente i pugni in preda ad isterismi tragicomici.
Un mare in tempesta, tra autolesionismo ed accontentismo. La morte cerebrale del tifoso, abbandonato alle nuove versioni del “tifo Toro perché sono nato granata”. Ci siamo eh, siamo ancora qui, galleggiamo, sopravviviamo in attesa dell’infermiera gnocca che prima o poi varcherà quella porta e ci darà la nostra dose quotidiana di rock’n roll. A proposito, i The Kinks con la loro “Lola” in scene come queste spaccherebbero di brutto.
Un mare di speranza. Quella, si, non dovrebbe morire mai. Quella che ti porta a vedere lo spettacolo della natura oltre la metafora, quella che ti focalizza sulla luna e non sul mare in tempesta che tenta di nasconderla.
Ecco, se poi quest’ultima immagine ti porterà a notare un non so che di Toro.. Beh, allora sei tutto ciò che ho descritto.

Buon 2023 ragazzi.

Leo Menegazzi

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