3 LUGLIO 2016 – Mantengo la mia nostalgica stima per Emilio Salgari e per il suo personaggio principe, Sandokan . Bene, oggi la sua permanente riscossa passa per un interprete straordinario come l’ingegnere indiano Pichai Sundararaja, alias master americano Sundar Pichai, quarantaquattrenne amministratore delegato o se preferite chief executive officer, CEO di Google da meno di un anno e vessillifero dell’intelligenza artificiale fatta di microchip, destinata ad ampliare mostruosamente quella naturale, bene unico e insostituibile, per il momento, legato ai neuroni agglomerati nei nostri cervelli, di uomini e donne dalla diversa indole, purtroppo anche malefica.
Questi sono giorni in cui occorre riflettere profondamente per capire e decidere il da farsi. La strage di Dakka ci fa drammaticamente intendere quanto più serio sia il rischio d’impresa e non di meno d’intrapresa, fuori dai patri confini, ma anche dentro, con intraprenditori stranieri, come i cinesi in rivolta a Sesto Fiorentino o le altre centinaia di migliaia delle più diverse etnie, diffuse in tutto il nostro territorio, polo d’attrazione per connazionali che migrano verso di noi e che inarrestabili sovvertono il nostro precario, delicato equilibrio culturale, sociale, economico, politico, giorno dopo giorno. Il disquilibrio tende allo stravolgimento e s’insinua in un tessuto fragile, fatto anche di elusioni ed omertà, di complicate giustificazioni sociologiche e inconfessabili interessi di parte, nella indecifrabile nebulosa della burocrazia, delle carenze istituzionali, sino alla ignoranza linguistica, che crea separatezze e bolle etniche, che determinano incertezza ed inquietudine nei paesi di accoglienza. Gli stessi Campionati Europei di Calcio sono stati considerati occasione di rischio terrorismo, ma comunque rischiano di essere considerati come una residuale e contraddittoria fiera delle vanità nazionalpopolari, irrimediabilmente fuori dalla realtà in grande evoluzione, posto che le squadre sono contaminate da presenze di fatto extra e che l’unico motore reale rimane l’economia generata dal professionismo sportivo.