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ECO RIFLESSIONI DEL DIRETTORE Ruggero Alcanterini 16 FEBBRAIO 2017

di Ruggero Alcanterini

 

LO STADIO PERDUTO – Ho già scritto più volte del Flaminio. Adesso se ne riparla come di un ” incurabile ” e la diagnosi è di Renzo Piano.

Scusatemi, ma oggi mi sento di dedicare a quello Stadio – che fu anche nei pensieri di De Coubertin nel tentativo di portare già nel 1908 il Giochi Olimpici moderni a Roma – una mia poesia. Sì, perché estrema ratio, mi sembra l’unico modo di rendere l’onore del sentimento ad un luogo che è stato la culla dello sport italiano, comunque impianto olimpico nel 1960, che per quello che ha rappresentato e dato non meritava un simile trattamento…

Esce l’urlo a perdifiato

Renzo Piano l’ha decretato

Il Flaminio è condannato

Con color che l’han creato

La sua fine è davver certa

Con la ruggine ovunque asperta

spenta si è ogni energia

Sugli spalti e pure in campo rottami e cardi a far da spia

Non più cori e battimani

Stravociare di cristiani

Ma passate moltitudini di umani assenti

Occhiaie vuote e mute voci ottundenti

Non più incrociar di lame e colpi di pallone

Ritmar nell’acqua e schioccare del guantone

More greco fu la forma

Centosei le primavere a norma

Prima il regno poi il fascio

Con la Repubblica lo sfascio

Nazionale e pur Fascista

Del Torino grande nominale

Da Piacentini a Nervi la nobiltà pur fece male

Dentro il CONI grande vita

Poi dal Campidoglio la mortal ferita

Quando la palla divenne ovale

Ricordasti la tua virtù mondiale

Giusto con l’Italia e la Franza

Venne con l’Inno Fair Play la tua sentenza

Trentasei per mille furon testimoni

Le Matite coloraron per sempre i tuoi gradoni

Dopo sei anni di totale abbandono

Della dinamite tornerà il tuono

Come per l’Olimpico Velodromo

Di cui abbiam inteso il prodomo

Con Nobel si compirà il destino

Poi tornerà il silenzio e sotto il Parioli mai più l’agonistico casino.

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