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Editoriale

DAL CAOS AL COVID, LA VITA SECONDO DANTE E BERRUTI

     Ma cosa credete che sia la vita, se non quella che stiamo vivendo nei suoi toni chiaro scuri, bassi ed acuti? Se si riuscisse a riflettere, cogliendo l’opportunità delle pause, anche le più banali, ognuno di noi non potrebbe che giungere alle stesse conclusioni e cioè che si stava meglio quando si stava peggio, ovvero che la ruota gira e il ciclo continua vuoi per via naturale, vuoi per forzature artificiose. Ieri rievocavo Dante a proposito della sua partizione in Inferno, Purgatorio e Paradiso per l’opera che lo ha reso “sommo”, la Divina Commedia. Tra tre giorni in Presidente Mattarella si recherà a Ravenna, dove l’Aligheri riposa dal 1321. Gli hanno restaurato la tomba e per un anno ci saranno celebrazioni, mostre e concerti, che si concluderanno il 12 settembre del 2021, compatibilmente con l’inferno del COVID 19. Il contributo di Dante alla tramatura della nostra lingua, a renderla versatile ed efficace, è stato determinante e stimolante al punto di renderci migliori e candidati all’empireo, quanto peggiori e condannabili alle fiamme eterne. Se non altro, ha avuto la funzione straordinaria di colui che adesso ci manca, quella del facilitatore, di quello che “io ve lo avevo detto…” e che magari rimuoviamo con una grattatina preliminare. A lui, appunto al Sommo Poeta, si rivolgerà deferente la bacchetta del Maestro, Riccardo Muti, mentre fiumi di parole sgorgheranno dalle tastiere. Certo sarebbe bello tornare rapidamente, tra musica e versi, al paradiso della normalità e speriamo di farcela, da adesso al prossimo settembre, privi di discariche tossiche, con api senza stress, librerie aperte, ristoranti e teatri affollati, Olimpiadi di Tokio concluse, tasse tagliate per rilanciare l’economia, Ponte sul Magra ripristinato… Se i sogni sono ancora consentiti, concludo nel ricordo della fantastica vittoria di Livio Berruti sui duecento metri nei XVII Giuochi di Roma, appena sessant’anni fa, meno un giorno. Ma perché lo voglio riproporre oggi, fuori dal coro che insorgerà domani? Perché lo voglio unire all’auspicio che la rinascenza simbolica del Bel Paese di identifichi con quella del nostro sport, come movimento e come stile di una vita nuova, che possa consentirci di tornare a correre leggeri come le ali di quelle bianche colombe che ci accompagnarono tutti a quella ristoratrice vittoria, sinonimo di vita dolce, di sviluppo, di speranza…

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