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COVID E SPORT IN ORDINE SPARSO… L’editoriale del Direttore

Quel che noi umani stentiamo a capire è che l’emergenza è tale che comporta cambiamenti anche radicali per periodi indefiniti, salvo ragguagli certi. Adesso, siamo di fronte ad un tormentone generalizzato su tutte le tematiche possibili, a partire dallo sport spettacolo, che sembra il più colpito dal virus e comunque il più riottoso allo stop imposto dal COVID 19, che proprio tra le star del calcio nazionale e internazionale ha segnalato la sua presenza. Le pressioni per una ripresa a giorni, anche a dispetto del parere di virologi e immunologi, sono insistenti e chiaramente basate sul valsente in ballo tra diritti, contratti e mercati infarciti nella maionese impazzita del sistema. Tutti chiedono soccorso e danari per la sopravvivenza e per la ripresa, ma nessuno si pone il problema di quel che in realtà ci attende, sulla vera tempistica di questo “virus black dawn”, di questa tempesta letale quasi perfetta, che si completa con l’immanenza di un soccorso ovviamente interessato da parte di fondazioni e multinazionali farmaceutiche, a fronte di catastrofici imperativi della politica, come capitato e sta capitando tra Cina, Inghilterra, Brasile, USA e Russia e in presenza di profittatori senza remore né scrupoli, dai ladri di mascherine, ai mercanti di umani, agli irriducibili belligeranti mercenari, come da notizia dell’ultima ora da Tripoli. Dunque, a nulla valgono e varranno i lai relativi ai ritardi o all’esclusione dai magri soccorsi a pioggia, dalla impossibilità di tornare per magia alla situazione pre COVID 19, che pure gridava vendetta. Questo, vale anche per lo sport e gli sportivi in tutte le versioni, perché l’unica vera attenzione al momento riguarda il possibile sostegno agli operatori di base, rimasti a becco asciutto per via del “fermo biologico”. Ecco, fatto salvo il nobile gesto del momento, cosa ci aspetta nel proseguo di quella che si annuncia come una “via crucis”? Forse, in questa fase, in questa forzata pausa di riflessione, dovremmo deciderci a prendere il toro per le corna, a riconsiderare seriamente tutto quello che fin qui ci era sembrato il top, l’indiscutibile realtà di un modello unico al mondo, connotato da eccellenza nel range delle prime dieci potenze olimpiche e di vulnus inconciliabili con il civismo, come l’assenza di “motoria” nelle scuole primarie della Repubblica, dopo aver battuto il record di precocità in quelle del Regno. E allora? Allora sarebbe bello ed opportuno lanciare un messaggio di speranza al Paese, producendo in questo frattempo indeterminabile una seria proposta di riforma, ponendo seriamente l’imprescindibile inserimento dello sport nella Costituzione, investendo risorse non tanto sull’effimero soccorso COVID, ma sull’assunzione e messa all’opera – nelle scuole e sui territori – delle migliaia di laureati di scienze motorie a spasso, mentre nipotini e nonni sono allo sbando tra centri privati e fai da te. E poi? Poi c’è sempre quel sommerso che è più dell’emerso, come capita con gli iceberg, quel mondo di mezzo che fluttua libero tra eventi eterogenei, che risica spazi improbabili, svolge attività insicure, in ordine sparso, ma che poi alimenta in modo importante, se non determinante, quell’attività di turismo interno sinergico con il cosmo della cultura popolare , che risulterà salvifico per la nostra economia di prossimità nel prossimo futuro.

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