“Giapponizzati. Racconti di un viaggio di moda” è il titolo della mostra che il Castello di Santa Severa, vicino a Roma, ospiterà fino al 15 gennaio 2018 nelle sue prestigiose sale, recentemente restaurate.
Voluta dalla Regione Lazio, in collaborazione con LazioCrea e il contributo di Massimiliano Smeriglio, Assessore Formazione, Ricerca, Scuola, Università e Turismo, questa singolare esposizione, curata da Stefano Dominella, affronta il tema dell’influenza che la cultura giapponese ha avuto sulla moda italiana, narra il fenomeno del giapponismo, che nei primi anni del ‘900 cambiò drasticamente la moda femminile ed esprime l’intreccio di diverse culture che hanno dato luogo a fenomeni socio-economici, politici e di costume.
Punto di partenza è il viaggio di Hasekura Tsunenaga, primo samurai-ambasciatore giapponese, figura emblematica e vassallo convertito al cristianesimo che, nel 1615, arrivò in Italia indossando sontuosi drappi indiani e cappelli alla romana, a simboleggiare di come la moda riesce a varcare qualunque confine.
L’ambasciatore fu ospitato proprio nel Castello di Santa Severa, a poca distanza dal porto romano di Civitavecchia, importante teatro di scambi culturali.
Tsunenaga, partito nel 1613 da Ishinomaki in Giappone, fu mandato in spedizione a Roma per incontrare Papa Paolo V. Questo viaggio rappresenta l’unica risposta diplomatica e politica, durante gli anni delle grandi navigazioni, dell’Asia Orientale all’Occidente.
I rapporti diplomatici tra Italia e Giappone, sorti per necessità di carattere commerciale, continuarono poi positivamente nei decenni successivi ed ebbero delle invidiabili conseguenze di carattere culturale.
La moda racconta contaminazione, cultura. E sul corpo vestito si legge la storia. L’esotismo giapponese è stato tema di grande ispirazione nella letteratura, nella musica, nel teatro, nell’arte e nella moda. Con la nascita del giapponismo le donne iniziarono a preferire capi più ampi e disegnati con una forte impronta orientale, volumi, tessuti rigidi, sovrapposizioni, realizzati in tessuti e colori diversi, ma in armonia con le stagioni e gli stati d’animo. Creazioni ispirate ai kimono. Allo stesso tempo, dopo un periodo di grande chiusura, è il Giappone a ispirarsi all’Occidente, promuovendo abiti europei in alternativa al kimono.
Una contaminazione bilaterale, dove la tradizione d’una cultura diventa la trasgressione dell’altra senza comprometterne l’eleganza.
Un viaggio che ripercorre l’iter cadenzato da stili e periodi diversi, tra revival e contemporaneo.
Al Castello, ormai divenuto Museo, sono in mostra capi creati da famosi stilisti, designer emergenti, sarti e ospiti internazionali che hanno interpretato nelle varie significazioni il tema del giapponismo. Allestiti come opere d’arte troviamo antichi kimono giapponesi, obi, hakama, provenienti da importanti collezioni private.
Tra le 40 creazioni presenti: Antonio Marras, Gattinoni, Comme des Garçons, Maurizio Galante, Issey Miyake, Yohji Yamamoto. Tra i giovani designer Tiziano Guardini (vincitore del Green Carpet Awards), Italo Marseglia, Ivan Donev, Santo Costanzo, Alessandra Giannetti, Silvia Giovanardi, Tommaso Fux.
Inoltre, anche brand tra arte e moda come NOH (Anna Rotella in collaborazione con gli artisti Marco Carac e Fabio Truffa) e Dedalus Art (l’artista Marco Carac in collaborazione con la designer Anna Rotella).
Un omaggio al grande Teatro con strabilianti costumi provenienti dagli archivi storici del Teatro dell’Opera di Roma e di Annamode.
La scenografia della mostra, oltre ad autentici tappeti e tessuti del Sol Levante, sarà arricchita dalle sculture ispirate ai Manga realizzate dall’artista Federico Paris.