E sì, questo è il dubbio che alla fine ci siamo tolti e cioè che tanti virtuosismi, palleggi, dribbling, tattiche di gioco studiate a tavolino, finiscono in gloria se hai a che fare con una squadra di atleti veloci, essenziali e precisi nelle verticalizzazioni ed i tiri in porta. Mettiamoci anche una adeguata motivazione, quello spirito di appartenenza che avvertono di più le piccole comunità ed il gioco è fatto. Questo per quanto riguarda il Mondiale di turno del Football, che oggi a Mosca si rappresenta con l’apoteosi, con il confronto in campo tra multietnica Francia e la coesa comunità di Croazia, che è fondata su di un territorio che con noi ha una comune una millenaria memoria, da Parenzo a Spalato, passando per Fiume e Zara, ma anche le esperienze di diversi suoi alfieri, forgiati nel nostro Campionato di Serie A. Diciamo che questa edizione della Coppa del Mondo ha stabilito una linea di confine con il vecchio modo di concepire il gioco del pallone, rompendo quasi tutti gli schemi, a cominciare da quello nostro, italico. Oltre il cambio di filosofia, la velocità e la precisione di passaggi e tiri in porta, l’introduzione del VAR e del Fair Play non immateriale avranno – speriamo nel breve termine – una funzione educativa e salvifica rispetto ai mimi, agli illusionisti, ai professionisti del fallo tattico, tutti odiosi guastatori di un meraviglioso gioco, il tsu chu, che in Cina era già in voga quattromilacinquecento anni fa ed a Roma, l’ harpastum, praticato dai legionari appena duemila anni fa. I nostri tecnici dovranno riconoscere che Lando Ferretti, assertore come Luigi Ridolfi della simbiosi calcio-atletica leggera aveva ragioni da vendere, quando già nel luglio del 1927 magnificò l’abbinamento della pista con il campo da gioco, oltre la struttura razionalista delle tribune per lo Stadio “Giuseppe Sinigaglia” a Como. L’inventore della formula CONI, tuttora in essere, peraltro in quel periodo anche Commissario Straordinario della FIGC, aveva visto lungo, anche se le esigenze degli spettatori venivano sacrificate. Diciamo anche che adesso – fair play finanziario o non fair play finanziario – è ora di darsi una regolata, di riflettere sulle esagerazioni “pirotecniche” delle trattative e degli esiti di mercato. Bisogna capire che lo sport non si fa davanti alla tv, ma sui campi, soprattutto quelli di periferia, nelle scuole calcio e nelle scuole della Repubblica, a cominciare dalle “primarie”, dove i principi motorii equivalgono a quelli etici e della salute, dove possono essere ricostituiti anche i fondamentali per una “nazionale” italiana, che in futuro torni “verticale” e magari finalista per la “Jules Rimet”, la Coppa intestata a chi, ad onor del vero, fu l’inventore del Campionato del Mondo di Calcio, un grande dirigente sportivo francese…
Ruggero Alcanterini
Direttore responsabile de L’Eco del Litorale