Ecco che puntualmente il talento si manifesta, emerge come un irresistibile geyser. Mi riferisco a “Tam Tam” Tamberi, che ha avuto la capacità di rammentarci quel fiume carsico che è la nostra atletica , quelle straordinarie potenzialità che in Italia si manifestano in modo imponderabile e indipendente. Se parliamo di sport e di talenti, la nostra storia ce lo insegna e bisogna avere l’umiltà e il coraggio di ammetterlo: facciamo ben poco per meritarci così tanto. Forse la spiegazione dei fenomeni ( e uno per tutti cito Pietro Mennea) sta proprio nel fatto che non li cerchiamo, ma li aspettiamo, nella consapevolezza che “uno su mille ce la fa”. Penso che uno come Marco sarebbe piaciuto da matti a Ridolfi, Zauli e Nebiolo, che sono sicuro sono tutti la nella tribuna di Borea ad applaudire. L’unico dubbio che mi rimane, rispetto ad una storia, che immagino accattivante, divertente e piena di successi, propedeutica ad un rilancio del nostro sport, è quello relativo alla barba a metà: Marco potrebbe farla crescere o farla sparire, ma non sarebbe più lui. Quella linea di demarcazione, tra l’adolescenza e la maturità, è il suo blasone, quello che lo fa moderno cavaliere agonista, certamente già tra i torneanti del Terzo Millennio, erede in linea diretta dell’inventore Dick Fosbury, definito spirito libero ed esemplificativo dell’eccezione che conferma la regola. Ecco perchè la “mezza barba” di Tam Tam Jimbo Tamberi farà scuola e proseliti anche tra tanti di noi, ossidati fuori ma ancor giovani dentro…
Ruggero Alcanterini
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