8 GIUGNO 2016
– Da qualche mese a questa parte avevo notato un’agitazione crescente tra le cornacchie, che infestano in soprannumero il verde disastrato delle nostre aree urbane. Da qualche settimana ne è iniziata una moria e se ne vedono tante stecchite in giro. E’ un fenomeno di cui non conosco la causa scientifica, ma esemplificativo del paradossale squilibrio che in natura non regge e la stessa natura corregge. Credo che anche per noi alieni, ospiti di un Pianeta e di un Paese che non meritiamo, si stia verificando finalmente quella combinazione chimica che aspettavamo da tempo, più o meno consapevolmente. Diciamo che la corda si era tesa talmente tanto che, in prossimità della rottura, è scattata una salvifica reazione, una assunzione di consapevolezza che ha determinato il fenomeno della liquefazione del consenso con polarizzazioni, che non hanno seguito e non seguono un ordine preordinato, ma le onde naturali del buon senso o quelle meno temperate ma importanti dell’istinto, della passione. Portate le nostre collettività territoriali al limite del “si salvi chi può”, paradossalmente si è attivato un processo virtuoso di superamento di vecchi schemi e pregiudizi, una sorta di auto-decantazione, che ha attivato un possibile probabile processo veloce di cambiamento ed espulsione di assurdi arnesi della politica amministrativa, nonchè di necessario cambiamento delle regole, dal lavoro al fisco, dalla salute alla esaustiva complessità sociale. Ogni forma d’ipocrisia e di elusione dei problemi va abbandonata rapidamente, pena la catastrofe. Ogni forma di incomprensibile privilegio va abbattuta, ma al contempo devono essere ripristinati valori basilari come il merito e la solidarietà, il rispetto della persona e della cosa o se si preferisce della casa comune. Qualcuno sta ritornando sul tema del reddito di cittadinanza, che in Svizzera è apparso esagerato, ma che in Italia avrebbe un senso e potrebbe avere un ruolo straordinario, divenire un chiave di volta del sistema Paese se si volesse dare un significato compiuto all’affermazione costituzionale che tiene insieme gli italiani, ovvero che l’Italia è Repubblica fondata sul lavoro. Bene, senza distinzione di sesso, censo, età e condizione sociale, con la giusta flessibilità, tutti i beneficiari del reddito di cittadinanza, nelle variabili possibili, dovrebbero avere un incarico di lavoro reale concreto ed utile per la collettività. Basta guardarsi intorno per capire che è venuto il momento di tornare alla laboriosità, alle arti ed ai mestieri, al sano “rimboccarsi le maniche” per mettere di nuovo a lustro e in sicurezza le nostre città e più complessivamente la nostra società civile, espellendo di fatto e inesorabilmente furbi e furbetti, patetici parassiti della burocrazia e della politica, che deve tornare alla nobiltà ed alla dignità della “ polis “. Quello che accadrà di qui a due settimane e ad ottobre, quindi con le altre inevitabili scadenze elettorali e di rinnovamento del governo del Paese non sarà altro che una sequenza di accadimenti annunciati, secondo un processo dinamico ormai attivo e inarrestabile, una risposta necessaria e irrinviabile, a ventitre anni dalla dissoluzione della nostra “Prima Repubblica