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SERVIRE LO STATO

3 settembre 2018
– Onestamente, mi ero apprestato a scrivere di Google, nome derivato da Googol, accidentalmente storpiato da un errore alla registrazione da parte dei due giovani inventori, Larry Page e Sergey Brin, a ragionare sui colori delle sei lettere del logo, che riprendono l’idea intercontinentale olimpica, escludendo stranamente il nero dell’Africa, ma ahimè l’anniversario della strafortunata fondazione societaria, su di una supergeniale idea destinata a velocizzare geometricamente la globalizzazione totale dell’umanità cade soltanto domani, 4 settembre. Oggi, se me lo permettete, voglio onorare la memoria di una grande personaggio italiano, anche lui come Giannini e Marchionne figlio di un carabiniere, generale e lui stesso generale, indifeso olocausto, vittima predestinata nel tritacarne dei poteri forti, indifeso Prefetto a Palermo, assassinato con la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo, la sera del 3 settembre 1982… Si trattava e si tratta della Medaglia d’Oro al valore civile Carlo Alberto Dalla Chiesa: ricordo come se fosse ieri la notizia per radio, nella notte di trentasei anni fa … Mi sembrava irreale, che si fosse aperta una voragine sotto i nostri piedi, senza fondo… Mi sembrava un brutto sogno ed invece era l’inizio di un incubo senza fine. Lui era stato nominato Prefetto con “poteri speciali” – colpevolmente mai conferiti dal Governo di allora, presieduto da Giovanni Spadolini – per combattere la mafia, dopo essersi impegnato con successo nella Seconda Guerra in Montenegro, nella Resistenza contro i nazisti e nella lotta contro le Brigate Rosse. Prima di essere massacrato, inerme, a colpi di kalashnikov, ebbe modo di affermare «Mi mandano in una realtà come Palermo con gli stessi poteri del prefetto di Forlì, se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue istituzioni e delle sue leggi, non possiamo delegare questo potere né ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti.[29]» In altra occasione , Dalla Chiesa aveva amaramente prefigurato la tragica conclusione della sua parabola da “Servitore dello Stato”: «La mafia è cauta, lenta, ti misura, ti ascolta, ti verifica alla lontana…» Dopo la morte annunciata del Generale, ad esclusione del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, i fischi e gli insulti al Governo furono il requiem per i funerali con la storica omelia del Cardinale Salvatore Pappalardo. A bocce ferme, asciugate le rituali lacrime di coccodrillo, finalmente giunsero i “poteri speciali”, ma al prefetto successore, De Francesco. Per Carlo Alberto Dalla Chiesa, invece, la medaglia alla memoria «Già strenuo combattente, quale altissimo Ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, della criminalità organizzata, assumeva anche l’incarico, come Prefetto della Repubblica, di respingere la sfida lanciata allo Stato Democratico dalle organizzazioni mafiose, costituenti una gravissima minaccia per il Paese. Barbaramente trucidato in un vile e proditorio agguato, tesogli con efferata ferocia, sublimava con il proprio sacrificio una vita dedicata, con eccelso senso del dovere, al servizio delle Istituzioni, vittima dell’odio implacabile e della violenza di quanti voleva combattere. Palermo, 3 settembre 1982.»
«L’assassinio Dalla Chiesa dopo l’assassinio Moro è certamente il delitto più grave della storia della Repubblica. Le carte di una sentenza giudiziaria sono di solito raggelanti. Le carte sulla vita del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa rappresentano invece la certificazione drammatica e autorevole di verità finora negate, nascoste, manipolate.»
(Dalla sentenza-ordinanza del maxiprocesso 1985)
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