E puntualmente, Anis Amri, il “macellaio” di Berlino, è tornato in Italia per morire ammazzato in uno scontro a fuoco, questa mattina alle tre, nei pressi della Stazione Ferroviaria di Sesto San Giovanni. Lo ha fermato un giovane poliziotto che ha risposto al fuoco, mentre un collega era già a terra colpito ad una spalla dalla stessa calibro 22 con cui era stato freddato l’autista polacco, eroe del tir usato per la strage al mercatino di Natale. Il fatto che il tunisino fuggito in barcone a Lampedusa sei anni fa sia tornato probabilmente sui suoi passi, senza troppe cautele ed abbia puntato alla periferia di Milano, passando per Torino, la dice lunga sulla funzione “autogrill” del nostro Paese per i terroristi, rispetto agli obiettivi pesanti da colpire in Europa e in particolare la Germania, il Belgio e la Francia, che hanno il torto di avere una funzione emancipatoria proporzionale agli investimenti ed alla organizzazione di assistenza e integrazione anni luce avanti alla nostra. Paradossalmente, le nostre carenze ci stanno salvando, perché in Italia è più facile mantenere anonimato ed abitudini collidenti con il nostro vivere e con il nostro codice. In definitiva siamo terra di mezzo come lo è il mare Mediterraneo, un ponte senza soluzione di continuità, nemmeno formale, tra la cultura medievale dei radicalizzati dell’islam e lo splendore peccaminoso delle libertà occidentali, da quelle religiose a quelle dei costumi, dall’irriverenza iconoclasta di Charlie Hebdo, ai leggings delle ragazze… Valeria Solesin a Parigi e Fabrizia Di Lorenzo a Berlino, poverine, come le altre sei vittime italiane del primo camion killer a Nizza, hanno avuto davvero il torto di trovarsi nel momento sbagliato, nel posto sbagliato.