Ancora una volta il terremoto, calamità assolutamente naturale, mette a nudo le nostre fragilità. La tragedia che ha colpito la notte scorsa storici centri abitati dell’Appennino tra Umbria, Marche e Lazio era purtroppo annunciata, nel senso che il nostro Paese bellissimo , collocato tra la Placca Africana e quella Euro-Asiatica, ha la caratteristica di essere ad alto rischio sismico per via della sua connotazione geologica, segnata dalle dorsali alpina e appenninica, oltre che dalla presenza suggestiva e inquietante di ben nove vulcani tra attivi e dormienti. Si continuano a contare i morti e i feriti di Amatrice, Accumoli, Arquata, Pescara del Tronto e le loro numerose frazioni, mentre a Norcia si contano soltanto danni relativamente importanti. Ecco, il termine di paragone, quello di Norcia, che dopo il forte terremoto del 1979 è stata trattata con un protocollo antisismico, che ne ha aumentato notevolmente la sicurezza, in termini di prevenzione. Ecco, dove voglio arrivare, senza preoccuparmi di parlare dell’acqua calda. Il nostro Paese ha bisogno di rilanciare la propria economia, partendo dalle opere pubbliche, destinate a rimettere ordine nelle strutture , per generare lavoro doppiamente utile, posto che per queste situazioni, in cui la prevedibilità è un dato relativo, aleatorio, credo non ci sia null’altro da fare, che invertire la filosofia che ci vede primeggiare nell’emergenza, nei soccorsi a tragedie avvenute. Queste situazioni da terzo mondo confliggono duramente con il nostro preteso ruolo di nazione guida, campione di accoglienza. Quindi, queste nuove lacrime sono doppiamente amare e vanno ad unirsi con quelle a suo tempo versate per L’Aquila, l’Irpinia, l’Umbria, il Friuli, piuttosto che per Avezzano e Messina-Reggio Calabria, per i quali cataclismi continuiamo a pagare le accise sulla benzina da oltre cento anni, senza aver risolto il problema della razionale messa in sicurezza dei territori sulla base di elementari adeguamenti antisismici.
***Nel secolo scorso in Italia si sono verificati sette terremoti compresi tra il decimo (completamente distruttivo) e l’undicesimo (catastrofico) grado della scala Mercalli (Mcs), che misura l’intensità sulla base delle conseguenze e i danni causati. Negli ultimi 2.500 anni, l’Italia è stata colpita da oltre 30.000 terremoti di media e forte intensità e da circa 560 eventi di intensità uguale o superiore all’ottavo (rovinoso) grado Mercalli. Negli ultimi quaranta anni, i danni economici causati dagli eventi sismici sono stati valutati in circa 80 miliardi di euro, a cui si devono aggiungere i danni al patrimonio storico, artistico e monumentale. (Fonte: Protezione Civile).
Ruggero Alcanterini