Ma a cosa aspirano gli uomini delle diverse fedi religiose, anche i “radicalizzati”, se non al paradiso, mentre provocano quotidianamente l’inferno ? Qualche dubbio sulla serenità mentale di noi tutti mi viene: che senso ha dividersi nei riti e nelle professioni, per poi unirsi nella solidarietà di circostanza dopo la strage di turno?
Credo e insisto nella possibilità di trovare le radici del male, cercandole in modo razionale, salvo eludere la scomoda verità, rinunciare ad estirparla, quasi il male sia da considerarsi necessario per capire quale sia la differenza con il bene, che non sempre ci riserva la sua sembianza più accattivante, ideale. Colgo, oggi, lo spunto dall’eruzione del vulcano Kilauea nelle Haway per rappresentare quella che potrebbe essere una catastrofe in un’area antropizzata e che diversamente diviene il simbolo superbo della natura allo stato sorgivo, spettacolarmente rappresentativo della combinazione vitale tra terra, fuoco, acqua ed aria. Quando si immagina il paradiso e si aggiunge l’aggettivo terrestre si fa riferimento al Giardino delle Delizie di Hieronymus Bosch, oppure alle immagini smart degli ultimi atolli sperduti nelle immensità oceaniche ? Allora mi spiego perchè l’istinto peggiore dell’uomo, quello distruttivo, si è accanito proprio su di un angolo ideale di paradiso, l’atollo di Bikini, tra il 1946 e il 1958, scelto come poligono nucleare dagli USA e dove furono sperimentate le peggiori bombe possibili, da quelle atomiche a quelle all’idrogeno. Volete capire ancora di più il paradosso della umana storia fatta di perversioni e ravvedimenti operosi? Bene, l’ex paradiso in Bikini è stato dichiarato di nuovo “formalmente” abitabile dal 1997 e patrimonio mondiale dell’umanità, dall’UNESCO, dal 2010, forse perchè da quel paradiso perduto ha preso il nome un indumento femminile, che produce gioia ed incubi a molte donne ed uomini di questi tempi…
Ruggero Alcanterini