Torna di attualità lo spionaggio sotto forma di hacking. Chi reclama il danno è Hillary Clinton, la prima donna della storia candidata alla presidenza degli Stati Uniti d’America. Francamente, questa spy story mi appassiona molto meno di quella che si concluse novantanove anni fa con la fucilazione della principale protagonista, altra donna simbolo, Mata Hary. Hillary si è infilata in un dedalo di email riservate, catturate dagli hacker e finite nella disponibiltà di Julian Paul Assange, cinico patron di Wikileaks. Diciamo che, per molto meno, fu privata della vita la nostra Mata, olandese di nascita, “danzatrice javanese” e irresistibile spia plurigiochista per necessità, tra tedeschi, francesi, inglesi, spagnoli, svizzeri, russi e naturalmente olandesi. Oggi Mata Hary (Occhio dell’Alba) alias Margaretha Geertruide Zelle agente segreta ( in codice prima AF44 e poi H21) avrebbe centoquarantuno anni, ma quando fu uccisa da una pallottola, dritta al cuore, da parte dell’unico fuciliere non galante del plotone d’esecuzione francese, lei ne aveva appena quarantuno. Come accadde per la povera Marilyn Monroe, forse suicidata per ragioni non meno istituzionali a trentasei anni, la morte traumatica ha creato un fermo immagine ed il mito intorno alla sua figura, al suo personaggio di donna oltre misura, straordinaria anche nel momento dell’esecuzione, sopravvissuta allo strame dell’anatomopatologo, gettata in una fossa comune, salvo la testa poi trafugata. Tutto questo, per concludere che la storia non può essere scritta , ieri come oggi, senza il sale delle belle donne e degli hacker-spia, qualsiasi cosa ne pensino Hillary, Donald, Paul, Wladimir…
Ruggero Alcanterini