Ieri ero nel Salone d’Onore, al Palazzo di Del Debbio, per sentire i “lai” di Malagò, Pancalli, Bianchedi… Bene ha fatto il Presidente del CONI a ribadire che di candidatura si trattava e non di organizzazione in corso dei Giochi 2024. L’ipotesi era quella di coinvolgere l’intero sistema Paese, oltre Roma, oltre la sua Area Metropolitana. Poi Giovanni ha ricordato che nell’ipotesi erano compresi tanti benefici per le realtà territoriali carenti o in sofferenza, ora decaduti con l’ipotesi di candidatura non confermata dal partito delle cinque stelle per bocca della Sindaca di Roma, Virginia Raggi. Diciamo che, salvo il ripristino in fase di completamento del “Giannattasio” a Ostia e un altro impianto sulla Casilina, inseriti nel provvedimento di Governo per il sostegno dello sport nelle periferie italiane, nella Capitale rimane solo il fumo dell’arrosto immaginifico rappresentato nel menù respinto a prescindere. Onestamente, ho provato un senso di nausea di fronte a questo stato di cose, che vede la contrapposizione di realtà istituzionali afflitte dalla temporaneità della loro conduzione, ma rese micidiali dal potere, che pur provvisoriamente detengono coloro che le presiedono. Ovvero, il potere di generare e pure di abortire senza capire se mai si sia verificato l’amplesso. La cosa disarmante è che l’Italia risulta tra i Paesi che contano almeno formalmente nel mondo delle alleanze militari, economiche, umanitarie e che il suo Comitato Olimpico, – ancorchè tra i primi dieci per risultati di élite – è per Legge dello Stato Italiano delegato alla questione sportiva in modo sostitutivo, ma condannato a soggiacere, forse proprio per questo alle turbe dei Palazzi. Questo doppio ruolo del “Foro Italico”, nel bene e nel male, andrebbe ben considerato e francamente la cesura di Mario Monti per la candidatura 2020, poi finita con l’assegnazione a Tokyo, era già stata un danno pesante e senza senso, come altri provvedimenti di un Governo di emergenza, di cui la vera giustificazione verrà data dalla storia. Ieri, mi sono rivisto diciannovenne in quel Palazzo, senza più quelle straordinarie opportunità che mi vennero con i Giochi della XVII Olimpiade, che mi consentirono di crescere in quei pochi mesi e in quei pochi anni alla scuola pratica dell’Evento insieme a migliaia di giovani come me e al fianco di personaggi che oggi giudico, senza mezzi termini, come “straordinari buoni maestri”, prima ancora che giganti tra i dirigenti dello sport italiano. Se Zauli ed Onesti, Nostini, insieme a Saini, Garroni, Martucci, se Giulio Andreotti, che si caricarono sulle spalle anche i Giochi Olimpici Invernali di Cortina d’Ampezzo nel 1956, non ci avessero messo la testa, il cuore e la faccia, appena dieci anni dopo il disastro della Seconda Guerra Mondiale, con i veti e le contrapposizioni politiche, con i se e i ma, oggi non parleremmo di nulla e molti di noi tutti, che continuiamo ad occuparci di sport a cominciare dal sociale forse saremmo finiti chissà dove e a fare che cosa, sempre nel bene e nel male, come il resto degli italiani che negli anni sessanta ripresero a sperare e credere in se stessi. Ieri Malagò ha annunciato la probabile sessione del CIO a Milano per 2019 e dobbiamo ricordarci di quella che si tenne a Roma nel Palacongressi dell’EUR nel 1955, quando vennero assegnati i Giochi a Roma con appena cinque anni d’anticipo. Adesso so, ho capito in via definitiva di essere stato davvero fortunato a vivere quella stagione e sento ancora più gratitudine ed affetto per chi ha avuto il coraggio sessant’anni fa di affrontare e vincere una sfida che rimarrà davvero “unica” nella storia del nostro Paese…
“Giro giro in tondo,
cavallo imperatondo,
cavallo d’argento,
che costa cinquecento.
Centocinquanta,
1a gallina canta,
lasciatela cantare,
si vuole maritare.
Le voglio dar cipolla:
Cipolla è troppo dura,
le voglio dar la luna;
la luna è troppo bella,
c’è dentro mia sorella,
che fa i biscottini
per darli ai bambini.
Ma i bambini stanno male:
vanno tutti all’ospedale.
L’Ospedale sta lassù,
dagli un calcio e buttalo giù”.
Ruggero Alcanterini