Immaginiamo cosa sarebbe accaduto se il Brasile, inventore del beach volley, a Copacabana, matrice per eccellenza di questa nuova disciplina, campione del mondo in carica, fosse stato battuto dall’Italia. Certo che noi avremmo fatto una gran festa con Lupo e Nicolai, comunque eroi dei due mondi alla stregua di Garibaldi, che a Rio sbarcò nel 1836 per combattere e sposare la brasiliana Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva, Anita (nella Regione del Rio Grande do Sul è’ stata fondata oltre cento anni fa una città con il suo nome) ma per un Paese Organizzatore, che ha incassato in tutto sei medaglie, di cui tre oro, sarebbe stata una doppia tragedia. Credo che quella dell’argento per noi sia stata la soluzione più equa, data la situazione, anche se non voluta. La pioggia ha accomunato gli eventi outdoor come quello della stessa atletica leggera, inzuppando sabbia e tartan, modificando le condizioni tecniche di svolgimento delle competizioni . Usain Bolt ha voluto concludere la sua carriera olimpica con una splendida gioiosa galoppata, viziata proprio dalla pista bagnata. Ma in definitiva per lui si trattava di una festa, di una celebrazione. Motivando la sua uscita di scena, il giamaicano si è paragonato a Marcellus Cassius Clay e a Edson Arantes do Nascimento, detto Pelè. Qualcuno si permesso di criticarlo e anche io sono dell’opinione che Usain abbia sbagliato, ma per difetto e in ogni caso perché, ai livelli eccelsi, ogni campione è un unicum con una storia irripetibile e non paragonabile con altre.
Ruggero Alcanterini