Credo che, da questo momento, la vicenda Schwazer debba essere considerata un fatto su cui si debba riflettere, indipendentemente dai se e dai ma. Alex seguirà le vie possibili di una rivalsa legale rispetto ad un eventuale torto subito, ma non c’è dubbio che adesso chi istituzionalmente rappresenta, controlla e regola l’attività di tutti i praticanti l’atletica e lo sport nel mondo non possa che prendere atto dei referti ufficiali e tenerne conto. Del resto, sarebbe davvero complicato, se non paradossale, agire in modo contrario, mettendo a rischio ogni principio di autorità e di efficienza del sistema, salvo peggio dare avallo alla ipotesi della congiura internazionale. Purtroppo Alex, sul piano della credibilità, paga pegno per il suo precedente gravissimo errore e se per un verso coinvolge – a tutti i livelli – chi lo ha guidato e sostenuto nella riabilitazione e nel riscatto, conclusosi nella clamorosa vittoria di Roma a maggio, per l’altro riabilita almeno moralmente chi è stato coinvolto pesantemente nella vicenda precedente. In buona sostanza, non ci possono essere diverse verità, ma soltanto una e speriamo che si trovi il modo di raggiungerla presto in modo definitivo e certo. Infine, una perplessità che immagino appartenga a chiunque abbia a cuore il concetto di lealtà: è mai possibile che occorrano sei mesi per dare riscontro a prelievi ed esami dell’antidoping, lasciando che nel frattempo maturino le alterne vicende della vita di un atleta e dell’intero contesto in cui agisce, compresi gli aspetti agonistici ? Siamo certi che da un punto di vista organizzativo/operativo il sistema sia all’altezza per quantità e qualità, rispetto al ruolo fondamentale cui deve fare fronte? Infine, io sogno un mondo sportivo dove i primi non debbano preoccuparsi di essere saliti sul podio e di dover fare pipì davanti a testimoni, anche perchè questo non mi sembra il modo più bello di celebrare la vittoria…