19 SETTEMBRE 2019
– E’ di ieri il colpo di teatro o se preferite la mossa di Matteo Renzi, che annunciando contemporaneamente l’uscita dal Partito Democratico e la nascita di una nuova formazione politica, Italia Viva, si è ripreso il centro della scena mediatica e se possibile, politica. Non vi nascondo che, se per un verso ho netta la sensazione di un sistema prossimo alla deflagrazione, questo scoppiettare di petardi in attesa del botto finale mi incuriosisce tanto quanto uno di quei romanzi d’appendice, di cui lo stesso autore non conosce la conclusione, aggiornandone la trama puntata per puntata. Certo, stando al libro mastro dell’illustre concittadino Machiavelli, il “De Principatibus”, occorrono cinismo e furbizia, essere più temuti che amati, voluti dal popolo piuttosto che dalla casta, unire la forza all’intelligenza, ovvero riuscire ad essere tanto leone, quanto anzitutto volpe. Ripeto, se non ci fosse da piangere, vista la condizione depressa del Bel Paese, rispetto ad altre contrade europee di men nobile storia e vocazione, ci sarebbe da divertirsi, almeno sino al sorriso. Lo “state sereni”, che sottende la giustificazione dell’operazione in corso, preannuncia il fine, il raggiungimento dell’obiettivo prefisso, che appare relativamente lontano nel tempo e nello spazio, ma è chiaro. Matteo, come Niccolò, deve aver utilizzato la fase di ritiro, la pausa imposta dagli eventi, dalla bocciatura referendaria, per prendere le misure di un rientro, “utilizzando opportunamente le esperienze degli errori compiuti nel passato, nonché servendosi di tutti i mezzi e di tutte le occasioni per la più alta finalità dello stato, facendo anche violenza, se necessario, alla legge morale.” Ecco, dunque, che si spiegano la dislocazione di genieri sul percorso da compiere, i ponti mantenuti alle spalle e quelli gettati avanti, sul Governo e sulle falde centriste delle diverse formazioni politiche. Essere contemporaneamente fuori e dentro, essere contemporaneamente maggioranza e opposizione ha significato da ultimo raddoppiare i consensi per la Lega dell’altro Matteo, il Salvini, decisamente non machiavellico, anzi ruvido e adatto all’impatto con l’humus, ad intercettare il malessere. Adesso, con Giuseppe Conte nel ruolo di Principe senza sostegno popolare, con Matteo Renzi, filosofo e stratega, come rinnovata alternativa a tempo debito, con la destra sopra e sotto il carroccio, rimangono in una sorta di limbo proprio gli autori dell’ultimo patto partitico della storia repubblicana, il “giallo rosso” di PD e 5 Stelle, che se avessero avuto di loro sufficiente leadership e progettualità non avrebbero seguito lo stesso Renzi nel ruolo di ”Pifferaio Magico”. Infine, l’incarico europeo a Gentiloni e la rinnovata Presidenza del Consiglio al professorale superpartes Conte, completano un quadro che, seppure astratto, può essere considerato una sorta di capolavoro, la messa in opera di una fase sterile e propedeutica a quello che potrebbe essere l’avvento della Terza Repubblica, dopo la dissennata distruzione della Prima e il tormentoso travaglio della Seconda.