di Ruggero Alcanterini
I CONTI DI CONTE A PALAZZO CHIGI E IL CORAGGIO DI GOVERNARE – Francamente sono stupito dalla qualità espositiva e dalla temperanza non usuale dimostrate dal Presidente del Consiglio, non tanto perché i suoi titoli non lo attestassero, quanto perché sul campo, in tre ore di conferenza a tu per tu con una agguerrita rappresentanza di colleghi senza remore, lui ha tenuto botta, se la è cavata egregiamente, anche di fronte ai quesiti ed alle domande più imbarazzanti. Certo, questo conferma la giusta scelta della politica italiana del terzo millennio per la terza repubblica, in cui lui è decisamente un alieno. Diciamo che la sua devozione a Padre Pio lo connota e lo stabilizza, forse lo aiuta ad affrontare situazioni apparentemente impossibili da gestire. Dalla sua palese quietudine nasce probabilmente la differenza, la forza penetrante di una filosofia da me condivisa e cioè che governare significa fare delle scelte e quindi avere il coraggio di farle, nel bene e purtroppo anche nel male. Ecco, il succo del tanto dire e contraddire di ieri che ha visto al centro del fuoco incrociato della comunicazione l’avvocato civilista presidente Conte a Palazzo Chigi, nato in Puglia e cresciuto poi tra gli atenei ed i tribunali romani. Certo, la sua particolare conoscenza del diritto sul versante sociale , del volontariato e del no profit, lo ha esposto senza riparo alle critiche pervenute dall’associazionismo del Terzo Settore e lui ha dovuto incassare con fair play critiche inevitabili, da cui non si è sottratto, attribuendosi responsabilità formali, oggettivamente non sue, ma di chissà quale “manina” del MEF. Infine, il tema scottante della violenza dentro e intorno al calcio, per la quale il Presidente ha detto che occorre rispondere con durezza. Su questo, mi permetto di aggiungere, che dal momento che il fenomeno si ripete e inesorabilmente arriva come il Natale in occasione degli eventi deputati, credo non ci sia altro da fare che trasferire direttamente la questione dal civile al penale e quindi dallo sport con i suoi organi di tutela e giustizia alla gestione diretta di chi si occupa di criminalità organizzata, senza se e senza ma, con tutte le conseguenze e le forme restrittive del caso. Per il resto, mettiamo intorno al tavolo i responsabili del nostro futuro, quelli dell’educazione e del sociale , per predisporre un serio piano di risanamento culturale del nostro Paese e non solo, perché le radici della mala pianta con metastasi ideologiche demenziali, molto pericolose, al servizio della criminalità organizzata, connaturate ad una visione mercenaria del fenomeno sportivo e non solo, sono diffuse in campo internazionale e si sommano, creando i presupposti di una irreparabile pandemica catastrofe, quella della perdita della libertà di appartenenza e di fruizione dello sport, come occasione d’incontro, aggregazione e inclusione. Un danno moralmente incalcolabile ed economicamente calcolabile, inaccettabile per l’intera collettività costretta a pagarne pesantemente le conseguenze in tutte le declinazioni.