Ecco che piombo per caso tra vecchie zimarre ed antichi orpelli, tra vasi bicchieri e manici d’ombrelli, tra tanto pattume di confusa ed incerta memoria e chi trovo se non lui, Romeo Marchetti ed il suo MEZZO SECOLO DI STORIA. Un collega, sì con tutto il suo bagaglio di preziosi ricordi, annotazioni, osservazioni e caricature con l’enfatizzazione di atmosfere, situazioni, fatti e personaggi usciti puntualmente dalla sua stessa penna e riversati in un libro ben conservato, del 1940, giusto un anno prima della mia nascita. Chissà se questo ha un significato, come fosse un messaggio dalla siderea Borea, ma ho la sensazione di essere l’ennesimo frazionista di una perenne staffetta tra testimoni del tempo e non a caso anch’io mi porto dietro tutto quello che ho visto, metabolizzato e comunicato nei modi più diversi fin dal 1944, da quando ho cominciato a leggere e scrivere… Nello scorrere le duecentoquaranta pagine ingiallite con lo straordinario vissuto condiviso dal Marchetti – che mi sento di chiamare confidenzialmente Romeo – mi rendo conto del privilegio e della responsabilità che man mano ci andiamo ad assumere nel tempo, ruminando, interpretando e trasferendo all’altrui giudizio quanto a noi capita di cogliere, ma anche tocca di conservare, perché la memoria del tempo e della storia pregressa hanno ruoli e valori fondamentali. Ecco, dunque, che affondo occhi e meningi nel prezioso lascito di Romeo, pensando a quel che anch’io da sempre faccio, accantonando ogni giorno qualcosa nell’infinito granaio dei ricordi. Questo non fa di certo la felicità di chi preferirebbe spazi algidi e scaffalature vuote, ma tant’è, io la penso come Marchetti, anzi come l’amico collega Romeo, che ha avuto la ventura di vivere emozioni straordinarie, quando la carta stampata aveva un valore assoluto e fare un giornale significava far parte di una squadra, di cui il “giornalista” era elemento essenziale, con tanti saluti al web ed ai copia e incolla. Respirare la stessa aria, condividere le stesse emozioni vissute da Romeo, significa iniziare dalla dipartita di Giuseppe Garibaldi e via via trovarsi a tu per tu con personaggi e situazioni come il poeta Gigi Zanazzo, l’ultima corsa dei cavalli barberi da Piazza del Popolo a Piazza Venezia, l’impareggiabile Leopoldo Fregoli, l’immaginifico Gabriele D’Annunzio, il favoloso Trilussa, il premier per antonomasia Giolitti, la dichiarazione di guerra alla Turchia, il generale Badoglio giocatore di bocce, il maestro dei maestri Giuseppe Verdi, passando dal Travaso al Todaro, umoristicamente vivendo con le storiche testate finanche il ritorno del Duca degli Abruzzi dal Polo Nord, piuttosto che l’esposizione dei mirabili Cavalli di San Marco a Roma. Una emozionante rincorsa tra loggioni e platee, con Ruggero Leoncavallo e Pietro Mascagni, passando per Ettore Petrolini e il suo Nerone, per finire, rimanendo in teatro, con le divine e i mattatori Eleonora Duse, Ermete Novelli, Emma Gramatica , Ruggero Ruggeri… Ciao Romeo.