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E IL PIANETA SE NE VA … –

THE EARTH DAY AFTER

EARTH DAY, L’UOMO, LA NATURA E IL POSSIBILE DELL’IMPOSSIBILE – Cerchiamo di capirci, care ragazze e ragazzi, ma da quale parte stiamo ? Il dubbio sorge impellente, proprio in occasione di una ricorrenza che sembra non emozionare più nessuno, l’Earth Day, che in altri tempi avrebbe guadagnato almeno ipocriti sentimenti autocelebrativi. Adesso, con l’angoscia di un possibile ritorno virale e quindi della lotta contro il tempo per tagliare il traguardo del vaccino, non si fa altro che piangere sul latte versato dell’economia, ignorando che gran parte della catastrofe, cui siamo avviati, deriva proprio dalla satrapica gestione delle risorse ambientali, in funzione di uno sviluppo insostenibile. Così, mentre cominciamo a riconsiderare lo spazio come distanza sociale e come valore incomprimibile, in un futuro che è già presente, in cui fabbriche, teatri, stadi, piazze, case, ospedali e strade, per non parlare di vicoli, denotano inadeguatezza, oggi dobbiamo comunque registrare la catastrofe di Krasnoyarsk, che minaccia di trasferire via fiume ventimila tonnellate di gasolio nel Mare Artico e di Alta, in Norvegia, dove un intero territorio è smottato, pari pari, tra flutti e gorghi, mentre il Tevere, da Roma a Fiumicino, è al sesto giorno di necrosi, con la distruzione – senza motivi accertati e senza riparo – del suo patrimonio ittico. Ecco, se nella isterica emergenza del COVID 19, siamo stati costretti ai rimedi della nonna ( con difficoltà per guanti, mascherine, ricoveri e distanziamento) di fronte alla sfida globale cosa dobbiamo pensare? Siamo forse adeguati alla tutela di noi stessi, piuttosto che della Terra che ci ospita? E’ evidente che i conti non tornano e che riusciamo soltanto in minima parte a rispettare le regole per una possibile salvaguardia del creato, posto che a questo punto sia ancora possibile invertire la perversa deriva, cui è orientata la dinamica del nostro divenire. Quindi, dovremmo almeno tentare di fare il possibile di quel che appare impossibile e non arrenderci mai, perché questo potrebbe almeno prolungare la nostra e l’altrui sopravvivenza, posto che l’uomo non è il solo abitante di Gaia, anche se luciferino, diversamente dotato di immenso egoismo e viziato da insano straordinario masochismo. Ecco perché, proprio in questo giorno, non possiamo esimerci dal ricordare la concretezza e l’importanza fortemente simbolica dell’azione svolta dall’Osservatorio Nazionale Amianto, che in sinergia con il Comitato Nazionale Italiano Fair Play, affronta problematiche specifiche e generali dell’etica ambientale, che prospettano coinvolgimenti ancora più ampi, rispetto a quanto già in bilancio, con migliaia di prese in carico nel corso del secondo decennio di questo complicato terzo millennio.
DOMANI… THE EARTH DAY AFTER – Ieri grandi celebrazioni in casa, davanti a tv e computer, lontano dall’ambiente che ci ha generato, lontano dallo scempio che abbiamo causato, consolati da “magic moments” della natura, attanagliati dal Coronavirus. Eppure, le cinquanta edizioni contemplative dell’EARTH DAY ci portano indietro al 1970, quando la crisi petrolifera era ai prodomi , in incubazione con il ribollire komeinista, che sarebbe giunto al punto di cottura nel 1979. Diciamo che nulla avviene mai per caso e che se oggi è il COVID 19 a dare una mano temporanea a Gaia, ieri lo era stata la rivoluzione in Iran, quella che avrebbe messo di nuovo in mora i consumi del combustibile fossile per eccellenza, che non esitiamo a definire sterco del diavolo, posto che la gran parte del nostro esagerato benessere e delle nostre disgrazie hanno la stessa natura bituminosa. Dopo la storica egemonia delle Sette Sorelle, dal 1960 l’OPEC e così via cantando, ogni alternativa in funzione ecologica è stata cinicamente eliminata. L’economia sociale, finanziaria, militare, climatica tutte sono e rimarranno schiave del barile, fintanto che un nuovo ordine convenzionale legato ad un nuovo principio energetico non sovvertirà quello che perdura e prospera in modo tossico e sanguinoso dal 1859, anno in cui fu realizzato il primo pozzo petrolifero a Titusville, in Pennsylvania. Diciamo senza mezzi termini che la salvaguardia del creato e la pace, compresa la tregua olimpica, dipendono oggi dal combustibile fossile principe, appunto dal petrolio, per il cui possesso si sono generate catastrofiche guerre, transumanze bibliche di umani, immani distruzioni ambientali, da cui nulla si è salvato in cielo in terra ed in ogni luogo, con l’aggravamento dai derivati come la plastica, che hanno completato il quadro infernale. Dunque gli shock che hanno ridotto drasticamente i consumi, sono serviti a dimostrare con estrema chiarezza quale possa essere la differenza di qualità ambientale in assenza o con ridotta attività antropica, appunto come sta capitando adesso. Va da se che l’egoismo senza limiti di chi oggi intende compromettere le ultime risorse climatiche disponibili non è altro che la conseguenza del prevalere di una cultura satrapica, che continua a sopraffare le coscienze e si avvale delle incoscienze per impedire soprassalti di saggezza. Infine, dunque, mi pongo e vi pongo un interrogativo banale: ma vi sembra possibile che a fronte di un disastro immanente, cui non si stanno opponendo istituzioni internazionali sull’orlo di una crisi di nervi, se non del fallimento, come l’OMS, l’ONU e la stessa UNESCO, si possa pensare di affrontare la catarsi ambientale con le armi spuntate delle COP, di natura meramente convegnistica, senza strutture e risorse e affidate a Protocolli come quelli di Kioto e Parigi, da cui vanno e vengono le firme dei potenti? Il COVID 19 sembra aver cancellato dalle menti umane le ferite putrescenti che stanno martoriando il Pianeta, dagli incendi in Amazzonia e Australia, alla desertificazione d’intere regioni in Africa ed Asia, al buco nell’ozono, allo scioglimento dei ghiacci polari. Le conseguenze di questo disastro morale si faranno sentire e come. Sarà proprio Earth a presentarci il conto.
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