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IL PATERNOSTER DI PAOLA editoriale del Direttore

Tre giorni fa è volata via un’altra icona, un pezzo della storia dello sport italiano caro all’immaginario collettivo di ieri e comunque importante per quello di oggi, anche se la memoria diventa sempre più corta, proporzionalmente alla velocità geometrica con cui si rimuovono notizie belle e buone, fatti e misfatti al digitale ed in alta risoluzione, piuttosto che le glorie in bianco e nero affidate ad istantanee su cartoncini ingialliti. Tre giorni fa Paola Paternoster è andata in pedana per l’ultima volta in quel di Milano. Era la nostra pentatleta “americana” degli anni cinquanta, “azzurra”, pluriprimatista e “tricolore”, erede in linea quasi diretta di Gabre Gabric e con un cognome che l’avrà portata dritta dritta in paradiso, piuttosto che verso Borea. Un metro e ottanta di romana con la maglia dell’ Urbe, modello di riferimento per nidiate di ragazzine allevate nello Stadio delle Terme da Peppino Tartaglia e simbolo della rinascita italica – non soltanto sportiva – tra i Giochi Olimpici di Melbourne e quelli di Roma. Non so se troverà posto nella “Walk of fame” con le leggende italiane in Viale delle Olimpiadi, piuttosto che nel Viale dei Gladiatori, sempre al Foro Italico, dove io ho collocato a tempo debito decine di indimenticabili comprimari, incomprimibili autori di incancellabili gesta, tessere insostituibili di un mosaico delle emozioni su cui si fondano la storia, la tradizione e la forza del nostro movimento sportivo. Molte delle conquiste della nostra società civile di oggi hanno tratto motivazioni dal vissuto di ieri ed i particolare dalle donne assurte a simbolo del cambiamento : secondo l’insindacabile giudizio dell’immaginario collettivo contestualizzato, Paola Paternoster è stata sicuramente una di queste. (Nelle foto, Paola con Bononcini. Drei e Bonaiuto)

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