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Editoriale

Da Parigi a Las Vegas, sparando nel mucchio

Ma qual è la differenza tra la strage di Las Vegas e quella di Parigi nel Teatro Bataclan, se non il numero enormemente superiore di potenziali vittime ? Il fatto è che l’ISIS abbia rivendicato questo ennesimo crimine contro l’umanità inerme riunita per un concerto, per un evento sportivo, piuttosto che per una festa popolare, che abbia adottato “a cose fatte” un esecutore occasionale senza “divisa”, armato sino ai denti o che… abbia indotto “driver killer” a colpire con camion, auto e furgoni, non cambia il risultato, ovvero quello di aver seminato il germe dell’insicurezza tra chi dello stile e della libertà di vita fa una filosofia, piuttosto che una religione.

Non sottovalutiamo quanto avvenuto in modo sistemico in luoghi sensibili del mondo e da ultimo a Barcellona e Londra, dove insistono elementi d’incertezza e divisione della società civile. Questo è dunque il senso intimidatorio del messaggio da recepire ?

In effetti, l’autore della strage di Las Vegas si è iscritto d’ufficio, si è schierato di fatto nel listone degli assassini in libera circolazione nel mondo e che trovano comodo l’alibi offerto da una formazione criminale dalle dubbie origini che, abusando del nome di Dio, si è manifestata e si appalesa come un tumore provocato da sostanze nocive, proprio laddove i signori della guerra e dell’economia pelosa avevano interesse che l’infezione attecchisse.

Certo, si sa, il male divenuto incurabile comporta metastasi e queste sono le dolorose conseguenze di un modo psicotico di concepire, di fatti che sono a monte, magari lontani nel tempo. Quando furono uccisi John e Bob Kennedy lo si fece in modo mirato, ma quando era stato deciso di porre fine alla Seconda Guerra Mondiale lo si era fatto senza remore etiche, sparando nel mucchio con due proiettili atomici, a Hiroshima e Nagasaki nel 1945, distruggendo di colpo la vita di circa duecentomila inermi.

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