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NEL LIMBO VIRALE, TRA PARTENZA E TRAGUARDO – L’editoriale del Direttore

(pubblicato su Spiridon) – Ebbene sì, arriva il momento in cui uno si chiede che senso abbia avuto, abbia ed avrà quel che per una vita ha considerato ovvio, scontato, un fuori discussione tanto quanto lo stesso vivere la vita in tutte le sue espressioni. Banalmente, oggi ho pensato questo tra me e me, mentre ripercorrevo per la millesima volta i sentieri del parco, trascinato dal mio “labrabull” per nulla turbato dalle museruole in faccia agli umani. Così mi è venuto in mente Antonio Ghirelli, sessant’anni fa, quando nel ’60, al Corriere dello Sport, era ringhioso Direttore ad interim. Lui mi incrocio nel corridoio, mi squadrò e mi disse: “Guaglio’, ricordati che la notizia non sta nel cane che morde l’uomo, ma nel contrario!” Appunto, nel contrario di tutto quel che capitava sino a tre mesi fa e che oggi ci vincola, ci sommerge, al punto di chiedersi che senso abbia mantenere in vita argomenti che sino a ieri erano dei mantra. Parlare e scrivere di atletica, scegliendola come metafora , forse può funzionare o potrebbe, sempre che ci si liberi di queste benedette mascherine. Dunque, siamo di forza in una pausa di riflessione possibile rispetto al vissuto e al futuro virtuale che, per quanto mi riguarda, non può che ripartire dai fondamentali sociali, educativi, culturali di una disciplina che, anche in questo momento epocale d’emergenza, si è rivelata in modo spontaneo, sino a divenire paradossalmente un problema d’ordine pubblico. Ecco un segnale, un qualcosa di confortante, che riconferma l’orientamento naturale al gesto atletico primario, come il camminare e il correre, di cui dovremmo tenere conto nel ruolo di custodi. Di custodi deputati, ma anche di tutori nella formulazione di linee strategiche, che orientino e favoriscano questi flussi sui territori, sino a ricostituire quelle linee sinergiche, quelle dinamiche che prima e dopo la Seconda Guerra nel Secolo scorso nobilitavano il movimento di matrice popolare con uomini e donne di assoluto livello agonistico. Soggetti divenuti miti per l’immaginario collettivo e provenienti da quell’humus in cui sarebbe opportuno tornare a seminare e raccogliere, migliorando la qualità di vita di una collettività oggi in gran parte consapevole della propria fragilità e del bene primario della salute da tutelare e difendere, proprio con la pratica più naturale dello sport. E chissà perché, quelli che si sono dedicati agli altri, senza per questo fare di podi e medaglie una questione di vita o di morte, hanno in genere teso ad enfatizzare valori certi, la qualità morale, sociale di gruppi, cenacoli, movimenti e singoli che hanno lasciato il segno, ma che hanno finito – a volte prima che poi – col dover consegnare il testimone. In questo periodo, Augusto Frasca ha tirato fuori un magnifico coniglio dal suo inesauribile cilindro, riportando alla luce un filamento del tessuto in memorabilia, che fu opera di Marco Martini, una raccolta di dati riguardanti Oscar Barletta, personaggio poliedrico e ineguagliabile maestro d’atletica, cui proprio io ed Augusto decidemmo di conferire con l’Associazione Cultura e Sport il Premio Altis, concepito giusto come il Recinto Sacro d’Olimpia, esaustivo del concetto alto del merito. Questo avvenne nel 1996, quando con Oscar furono celebrati Claudia Testoni e Fiorenzo Magni, preceduti nel ’94 da un altro immortale dell’atletica come Arturo Maffei e nel ’95 da un pilastro della storia del tennis come Mario Belardinelli… Ma perché adesso, proprio adesso questo ci sovviene ? Credo perché in qualche modo ci sentiamo liberati, sereni nella solitudine del limbo in cui siamo sospesi, tra il ricordo della partenza e l’incognita del traguardo

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