10 LUGLIO 2016
E’ paradossale che si continui a parlare, parlare, parlare di un probabile possibile museo nazionale dello sport italiano, quando da sempre questo tema viene poi ricacciato tra le questioni di minore importanza, quasi fosse una follia maniacale di qualche perditempo. Eppure, quando si era nel giusto momento per mettere insieme i pezzi pregiati di una collezione di livello, quando le cose erano ancora in gran parte disponibili, personaggi celebrati come i padri nobili dello sport italiano, da Mosso a Ferretti, da Zauli ad Onesti erano tutt’altro che alieni e insensibili all’argomento, consentendo presupposti di livello, che trovarono il modo di coinvolgere artisti ed architetti, ricercatori e collezionisti, sovraintendenze e organi di governo, investendo tra l’altro in una Biblioteca Nazionale Sportiva, unica per quantità e qualità di reperti. Con le Olimpiadi del 1960 e i Campionati del Mondo di Atletica, sempre a Roma del 1987, nonchè altri appuntamenti prima e dopo, come la Mostra Nazionale del 1935 nel Palazzo dell’Arte a Milano o quella del 2003 al Colosseo, proprio sul tema della vittoria, la Nike tra gli agonisti del mondo antico, furono proposti, tra le tante opere eccezionali, capolavori come i Corridori da Ercolano e il Pugile delle Terme, il Discobolo di Mirone, il Diadumeno e il Doriforo di Policleto, ricreando quella solenne atmosfera dei Giochi, che ancora si respira dopo 1930 anni nello Stadio di Domiziano, che continua a proporsi cinque metri sotto Piazza Navona, come lo Stadio più antico del mondo. E’ per questo che siamo nel paradossale con l’assenza museale sul tema dello sport, quando disponiamo di fatto del più imponente e straordinario museo dello sport in forma diffusa nel tempo e nello spazio, partendo dal carismatico Domiziano, già perfettamente organizzato, passando per i Circhi di Massenzio e Massimo, le Terme di Caracalla, Campo Marzio, il Circo di Nerone, che inventò il Certamen Quinquennale dedicato ai giovani e poi via via, appunto nel tempo e nello spazio, transitando per Testaccio, piuttosto che per le rive del Tevere, al Corea ricavato nel Mausoleo di Augusto, nel cortile del Belvedere in Vaticano, piuttosto che all’Audace, dove ancora fa bella mostra la “Sala Beniamino Gigli” o all’EUR o al Foro Mussolini poi Foro Italico… La mia idea è che del Museo Nazionale dello Sport il CONI se ne faccia promotore e che il Ministero dei Beni Culturali se ne faccia debitamente carico, prima che la gran parte del patrimonio storico distribuito sul territorio nazionale e nelle società sportive centenarie si vada a fare benedire.
Naturalmente, Giochi 2024 o meno, penso ad un progetto risarcitorio del ritardo, ma assolutamente serio, scientificamente garantito, affidato a manager d’esperienza e talento, come sta capitando per l’Egizio a Torino, la Reggia di Caserta o Pompei, confortato da risorse pubbliche e private, promosso, sostenuto e divulgato a livello mediatico, come elemento strategico per la didattica, l’educazione allo sport, il turismo di conoscenza e di cultura del bello, ovvero l’aspetto nobile e qualificante del turismo sportivo, che non conosce soste stagionali durante l’intero arco dell’anno.