Soprannominato ‘Swiss Machine’, è entrato nella storia della disciplina per la sua scalata alla parete sud dell’Annapurna nel 2013 e per i suoi record di velocità. Il suo nuovo obiettivo era scalare due delle più alte vette al mondo nel giro di 48 ore: prima l’Everest (8848 m), poi il Lhotse (8561 m).
Ueli Steck si trovava proprio in perlustrazione sul Monte Everest, per prepararsi a questo nuovo record, quando è rimasto vittima di un incidente mortale.
A dare la notizia della morte è stato il The Himalayan Times, che riferisce come il corpo senza vita di Steck “sia stato ritrovato sotto la parete ovest del Nuptse“, un pendio ghiacciato. A dare l’allarme sarebbero stati alcuni alpinisti al campo 1. Il cadavere è già stato recuperato ed è stato trasferito a Kathmandu. Secondo quanto ha fatto sapere la famiglia, le esatte circostanze della sua morte non sono ancora chiare. “La famiglia è enormemente rattristata e chiede che i media si astengano dallo speculare sulla sua morte, per rispetto e considerazione per Ueli”, si legge in un comunicato pubblicato nel sito web dell’alpinista.
Il rappresentante della ‘The Seven Summits Trecks‘, azienda che ha aiutato a organizzare la spedizione, ha spiegato che Steck si trovava da solo al momento dell’incidente avvenuto fra il primo e il secondo campo base. Per rendere le cose ancora più impegnative, nel compiere la sua impresa, ‘Swiss Machine’ stava preparando la scalata dell’Everest attraverso il difficile passaggio chiamato Hornbein Couloir. Prima dell’incidente, stava probabilmente ultimando la sua preparazione con rapide salite senza protezioni.