Chi di spada ferisce, di spada perisce. Questo è quel che mi sento di concludere dopo l’epilogo di ieri in Senato, quando il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte ha fatto precedere le sue dimissioni da una durissima requisitoria contro quello che romanticamente ha voluto considerare come il suo sfidante, il Ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Diciamo che al di là delle vicende politiche, del matrimonio per contratto fallito tra Lega e Movimento 5 Stelle, di quel che seguirà a momenti ed ore, giorni, con l’attivazione dei riti quirinalizi, non c’è dubbio che lo scontro tra il Presidente (di garanzia) e il Vice ha rievocato il sanguinoso mortale duello di centotrentuno anni fa tra il “garibaldino” Felice Cavallotti e il conte Ferruccio Macola, entrambi deputati del Regno, il primo di sinistra e il secondo di destra. Contrariamente alle previsioni, lo sfidante, Cavallotti, di venti anni più anziano, ma con trentadue combattimenti d’onore all’attivo, perse la ragione e la vita al terzo assalto, soffocato dal sangue per un colpo di sciabola che gli squarciò bocca e carotide. I deputati “padrini”, arbitri del cruento confronto, se la cavarono senza grandi problemi, ma il conte Macula, dopo una lieve condanna, emarginato dalla politica, dodici anni dopo ci tenne a confermare il significato della originaria locuzione latina, suicidandosi con un colpo di pistola a alla testa : “ Qui gladio ferit gladio perit “. … «Nel mortal duello / non fu tua la vittoria.
Con un colpo di spada o di coltello / non si uccide la Storia! » (Lorenzo Stecchetti)