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IL MITICO ETTORE PETROLINI

Eccovi il re della ribalta in frac: Ettore Petrolini…
“Gastone, artista cinematografico, artista del varieté, danseur, disseur, frequentatore dei bal-tabarins, conquistatore di donne a getto continuo, uomo che emana fascino. E’ una satira a afferrata al “bell’attore” fotogenico affranto, compunto, vuoto, senza orrore di se stesso.
Gastone, sei del cinema il padrone,
Gastone,
Gastone.
Gastone, ho le donne a profusione
e ne faccio collezione,
Gastone,
Gastone.
Sono sempre ricercato
per le filme più bislacche,
perché sono ben calzato,
perché porto bene il fracche.
Con la riga al pantalone
Gastone,
Gastone.
Tante mi ripeton: sei elegante!
Bello, non ho niente nel cervello!
Raro, io mi faccio pagar caro:
specialmente alla pensione,
Gastone,
Gastone.
Io sono un creatore, un inventore, vengo da una famiglia di inventori, di creatori, mia sorella, Lina, è una creatrice, tutti lo sanno: Creolina. Mio padre ha inventato la macchina per tagliare il burro: un pezzettino di legno con un fil di ferro.
Mia madre studiava economia, aveva il senso del calcolo sviluppato fino alla genialità.
Figuratevi, io mi chiamo Gastone, lei mi chiamava Tone, Tone per risparmiare il gas.
A me mi ha rovinato la guera, se non ‘era la guera a quest’ora stavo a Londra. I londrini vanno pazzi, io sono molto ricercato nel parlare nel vestire, ricercato dalla questura.
Sono un grande musicista, canto, ballo, trasporto, “Gondrand” mi voleva.
Come musicista dovevo andare a Londra, dovevo musicare l’orario delle ferrovie. E poi sono grande nella dizione, sono il fine dicitore, il cantante aristocratico. Adesso vi faccio sentire tutto il succo del mio ingegno con un saggio della mia dizione, io sono come vi ho detto il fine dicitore e tutto ciò che dico è veramente profondo. Io non ci tengo né ci tesi mai però fate attenzione a questo mio soliloquio così denso di pensiero.
Non fermarsi alla superficie, ascoltare bene quello che c’è dentro, quello che c’è sotto, è il mio motto: “sempre più dentro sempre più sotto”.
Se l’ipoteposi del sentimento personale prostergando i prologomeni della sub-coscienza fosse capace di riintregrare il proprio subbiettivismo alla genesi delle concominanze, allora io rappresenterei l’autofrasi della sintomatica contemporanea che non sarebbe altro che la trasmificazione sopolomaniaca.
Che ve né pare, che bel talento eh?
Ma io non ci tengo, né ci tesi mai
Io sono molto ricercato anche perché porto molto bene il frac, e quando porto il fracche, ovunque io vado porto quell’onda di signorilità che manca agli altri comici del varietà.
Io sono nato col frac. Anzi, quando sono nato mia madre mica mi ha messo le fasce, macché!
Un fracchettino. Camminavo per casa sembravo una cornacchia
Gastone,
sei davvero un bell’Adone! Gastone, Gastone…
Gastone,
con un guanto a pendolone
vado sempre a pecorone,
Gastone,
Gastone.
Ogni cuor si accende e arde,
perché ciò gli occhioni belli,
le basette a la Bonnardi
ed i gesti alla Borelli.
Misterioso come Ghione,
Gastone,
Gastone.
Bice,
solo lei mi felice,
Gemma,
ama solo la mia flemma!
Rina, lei per me la cocaina
Se la prende a colazione
pensando
a Gastone.”
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